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La sconosciuta
Echi hitchcockiani nell'ultima fatica di Giuseppe Tornatore: la sua "sconosciuta" rende omaggio al thriller d'autore attraverso una serie di rimandi visivi, con una regia d'alta scuola, e sonori, grazie alle musiche di Ennio Morricone.
In una città italiana del nord giunge Irena, una giovane donna ucraina che, in breve tempo, trova un appartamento in cui vivere e un lavoro come domestica in una famiglia benestante. La "sconosciuta" vive segretamente con fantasmi e incubi del passato di cui teme l'improvviso ritorno. Ciò, però, non la distoglierà dall'obiettivo ultimo di riprendersi la propria vita...
Collante della trama è la solitudine: Tornatore tratteggia con toni fortemente decisi personaggi soli, la cui condizione non pone via d'uscita. Solo la speranza, vista attraverso gli occhi della protagonista nel sogno di una maternità mai vissuta, sembra poter fungere da consolazione in un mondo disincantato e fortemente realista.
La regia affascina grazie all'utilizzo di geometrie sceniche atte a trasmettere, come accadeva nella scuola espressionista, le emozioni dei personaggi. La sceneggiatura al contempo cattura, con dialoghi fortemente caratterizzanti e un uso sapientemente equilibrato delle scene: infatti niente di quello che viene rappresentato sullo schermo appare forzato o superfluo, al contrario tutto è utile all'economia della trama e alla comprensione del complesso evolversi della stessa. Le musiche invece sono d'eccezione, con l'intervento di Ennio Morricone che, senza esagerazioni, regala un intensità alla pellicola capace di alienare e, a tratti, letteralmente sconvolgere. E la recitazione appare, infine, convincente: un cast stellare danza ai ritmi ipnotici della pellicola, regalando emozioni e infondendo apprensione per quella che è la storia di ogni singolo personaggio.
Un film bello quindi, senza troppi equivoci: "La sconosciuta" di Giuseppe Tornatore non offre molto il fianco a possibili critiche, siano esse tecniche o concettuali, evitandole grazie alla maturità e all'esperienza dello stesso regista. Nel film si possono trovare riferimenti forzati alla cronaca dei nostri giorni; lo si può accusare di essere, a volte, un pò troppo sviscerale; o ancora gli si può rivolgere l'obiezione di non apparire del tutto convincente nella sua crudezza narrativa, magari rinfacciandogli quel finale fortemente fiducioso e buonista. Non è così: al di là dei richiami e degli omaggi più o meno evidenti o più o meno voluti al cinema d'autore (da Hitchcok a Paul Verhoven solo per citare dei nomi), e oltrepassando le critiche forzate di un certo pubblico, forse troppo accecato dal proprio ego per apprezzarne la sensibilità filmica, "La sconosciuta" rimane un film d'autore di grande carattere e di forte coinvolgimento emotivo, privo di sbavature e, anche per questo, vicino alla perfezione.
La frase: "...Si può vivere un sogno in mezzo a tanti incubi?..."
Diego Altobelli
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