La repubblica di San Gennaro
Italia, maggio 2013: si va alle urne per decidere se la repubblica italiana debba rimanere un'unica cosa o se invece debba dividersi in Italia del Nord (o Padania) ed un indefinita terra di nessuno (tutto ciò che è al di sotto del Po). Vince l'idea secessionista. Da ora in poi il nostro "bel paese" sarà definitivamente diviso.
Questa è l'idea originale che è alla base del nuovo film di Massimo Costa, "La repubblica di San Gennaro" (un'idea neanche troppo fantascientifica, vista l'ariaccia che tira). Il film segue la storia di un fratello ed una sorella, che costretti a vivere da immigrati, essendo napoletani al nord, devono giungere a dei compromessi non troppo tollerabili. Gennaro (interpretato dal bravissimo Gianfelice Imparato che ha anche scritto la commedia da cui il film è stato tratto), tenta in tutti i modi di diventare un "nordista", mentre la sorella Addolorata (la brava Anna Ammirati) resta fedele alle sue radici sperando di poter tornare un giorno a Napoli. Detta così potrebbe sembrare un "Così parlò Bellavista" ambientato nel futuro e con ambienti rovesciati. In effetti il testo pone la diversità tra nord e sud come scontro di tradizioni (il panettone e la pastiera, tanto per citarne uno pratico). E anche se ovviamente la napoletanità dei vari personaggi accattiva la nostra simpatia in confronto alla freddezza classista dei personaggi del nord (ovviamente parliamo del film!), è pur vero che Costa accentua anche i lati negativi della "gente del sud", quasi a voler dire che le magagne ci stanno da tutte e due le parti.
C'è da dire che finché il racconto è tutto su Gennaro e Addolorata, il film è assolutamente delizioso. Però ad un certo punto sembra che il regista perda un pò le redini e inizi a voler inserire più personaggi possibili creando un buon quarto d'ora allucinante. C'è anche un intermezzo musicale, forse ad omaggiare il cinema di Nino D'Angelo o Carmelo Zappulla, che si poteva pure evitare.
Comunque sia dopo tutta 'sta caciara, il film rientra nei binari e ritorna ad essere gradevolissimo fino alla fine.
Molti dei meriti del film sono da attribuire agli attori che, con il rischio che è sempre presente in film del genere, avrebbero potuto creare delle brutte macchiette e invece hanno costruito dei personaggi divertentissimi (tra gli altri vanno ricordati Vincenzo Peluso che interpreta il "guappo" Ciro, Lucrezia Lante Della Rovere nei panni di un'algida, ma non tanto, "guardia imperiale" e il grandissimo Aldo Giuffrè, professore "sciamano" della comunità del sud).
Alla fine abbiamo una commedia che ha anche il pregio di far pensare ad un futuro che dobbiamo far sì che non accada mai, perché per quanto a nord si può stare bene, bisogna sempre ricordarsi che c'è sempre qualcuno che è più a nord (lo stesso valga per il sud).
E allora a che vale accapigliarsi inutilmente per qualcosa di così relativo, tanto vale rimanere uniti.

Renato Massaccesi

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