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The Princess of Montpensier
Dramma per Bertrand Tavernier che, dopo l’ancora inedito (da noi) In the Electric Mist, passa dal bayou della Louisiana alla Francia del XVI secolo e torna al dramma storico in costume dopo Eloise la figlia di d’Artagnan del 1994. Ora, prendendo spunto dal romanzo La principessa di Clèves di Madame de La Fayette, mette in scena un indigesto polpettone che non offre un solo brivido allo spettatore.
Siamo nel 1562, in Francia, nel mezzo delle guerre di religione tra papisti e ugonotti. Qui la ricca e affascinante Marie de Mézières (Mélanie Thierry) viene promessa dal padre in sposa al principe de Montpensier, che la giovane neppure conosce. Marie nutre, ricambiata, una forte passione per il duca Henri de Guise, ma deve cedere ai voleri della famiglia. Il principe in guerra fa condurre la principessa in un castello isolato, in cui possa ricevere gli insegnamenti del saggio François de Chabannes che, in fretta, si innamorerà di lei. Ormai sposa, Marie rivede Henri e comprende che il loro è un amore che non può finire.
Non un palpito, non una partecipazione emotiva dello spettatore per le sorti della bella Marie che, nel testo letterario e nelle intenzioni di Tavernier, è una giovane donna dalle fiere passioni, indipendente e anticonvenzionale, costretta dalle regole della società ma decisa a riappropriarsi come può della sua vita e a non soffocare i suoi istinti, in una lotta tra ragione e passione. Tavernier si circonda di ottimi attori - oltre alla solare, ma troppo acerba Thierry, c’è Gaspard Ulliel e Lambert Wilson - e può vantare una fotografia suggestiva, firmata Bruno de Keyzer, che cattura i lussureggianti e selvaggi paesaggi, le scene di battaglie, le lunghe tavolate, ma non può vantare né un guizzo registico né un’originalità di intenti. Tavernier è lontano dai tormenti di Marie e dei suoi innamorati, narra la passione senza la passione: ciò che deriva è un’incongruenza di atti, uno sfoggio di bei costumi, lo sforzo degli attori di superare il gap della sceneggiatura, piatta come una tavola.
La frase: "Sposalo, è un bruto come un altro: l’amore è la cosa più sconveniente del mondo.".
Donata Ferrario
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