La prima neve
Andrea Segre, dopo "Io sono Li" e il documentario "Mare chiuso", continua a raccontare la relazione tra straniero e autoctono nel nord Italia e lo fa con la storia di un togolese, Dani, che trova lavoro in un piccolo paese del Trentino e stringe un legame d’amicizia con Michele, il piccolo nipote del suo committente. Le loro due vite vanno allora intrecciandosi e da un lato seguiamo il percorso di integrazione di Dani, dall’altro quello di un ragazzo che sembra aver perso ogni punto di riferimento; entrambi sono stati colpiti da un grave lutto e, nel tentativo di elaborarlo, si scontrano con un contesto, sociale l’uno, familiare l’altro, che sbatte loro in faccia la realtà dei fatti.
Quello che aveva colpito del primo film "fiction" di Segre era stata la delicatezza nel trattare un tema stra-abusato: senza rincorrere a tutti i costi l’originalità, il regista era riuscito a realizzare un film emotivamente forte, compatto e privo di falsi sentimentalismi.
Uno sguardo onesto e consapevole su ciò che sta raccontando.
La formula si ripete, fortunatamente, anche in questo "La prima neve" e il film, infatti, riesce a ritagliarsi un suo spazio nell’affollatissima lista di opere incentrate sull’immigrazione. Si vede che Segre conosce la sua terra e ne ha respirato l’atmosfera, perché i personaggi che racconta e i rapporti e le tensioni che li legano sono autentici; quasi mai c’è del manicheismo nel suo film, piuttosto si percepisce un clima di sospetto e comprensione allo stesso tempo e l’immagine che ci restituisce è quella di un ambiente dove ad un’eventuale apertura e integrazione fa sempre rima una difficoltà pratica ed economica.
La prima metà del film, in particolare, è quella che funziona di più, poiché l’ambientazione (quel Trentino in attesa della 'prima neve' invernale) e i personaggi vengono introdotti dolcemente, con piccoli tratti ma essenziali, e la regia di Segre risulta incisiva perché abbraccia un campo narrativo più ampio del solo conflitto straniero-società. Al centro del suo discorso c’è il rapporto tra due persone diverse ma accomunate da "un’assenza" che incide direttamente sulle loro vite e che, per motivi diversi, non riescono ad affrontare e ad accettare.
Peccato per delle scelte narrative, alla fine, che portano il film su una strada più convenzionale, semplificando la costruzione psicologica di personaggi e dinamiche; se da un lato il percorso del ragazzo si sviluppa in modo coerente, dall’altro quello di Dani si perde in soluzioni troppo facili. Rimane però, e questo è un pregio non da poco, la capacità di raccontare in maniera efficace il rapporto tra una comunità e la sua terra, una relazione quasi viscerale che si attacca, indelebile, ad ogni individuo.
La frase:
"Stiamo tutti aspettando la prima neve".
a cura di Stefano La Rosa
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