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La masseria delle allodole
Solo negli ultimi anni sta emergendo la consapevolezza dei tanti genocidi dimenticati del XX secolo.
Non solo il III Reich ha cercato di perseguire in modo criminale il progetto di una Germania dei tedeschi, ma anche l'élite politica e culturale dell'ex impero ottomano ha attuato una politica simile, nell'inseguimento del sogno di una "Grande Turchia". Tale denominazione nasconde la visione di una Turchia "imperiale", che secondo il nazionalismo laico avrebbe dovuto comprendere i territori da Istanbul fino al Sinkiang cinese, abbracciando tutte le popolazioni di etnia turco-mongola. Sarebbe sbagliato collocare tale visione politica nel passato lontano; basti pensare che ancora nel luglio del 2005 il premier Erdogan in un viaggio in Mongolia inneggiava alla presunta fratellanza tra Turchia e Mongolia.
Il genocidio del popolo armeno (la cui semplice menzione oggi in Turchia può portare fino a tre anni di reclusione come atto antipatriottico) inizia il 24 luglio del 1915 e viene attuato dai Giovani Turchi, un movimento politico che dal 1908 era di fatto alla guida del paese. Le cifre dello sterminio sono ancora oggetto di controversia, ma una cifra attendibile sembra aggirarsi intorno al milione e mezzo di assassinati tra uomini, donne e bambini.
La masseria delle allodole dei fratelli Taviani, tratto dall'omonimo romanzo di Antonia Arslan, è il primo film che affronti direttamente e a viso aperto il genocidio. Ararat, di Atom Egoyan, che pure aveva richiami evidenti alla vicenda storica faceva un operazione molto raffinata, parlando dell'instabilità dei concetti di memoria storica e di passato, di vero e falso. Nella masseria abbiamo invece un approccio diretto, in cui vengono mostrate le fasi dell'eccidio ed il suo impatto sulla popolazione armena e turca. Non tutti i turchi sono presentati come perpetratori dello sterminio, ed anzi possiamo vedere diverse sfumature: il fanatico, il collaborazionista entusiasta, l'ufficiale che deve seguire gli ordini ed il dubbioso, incredulo di fronte a tanta violenza. La responsabilità del resto viene attribuita unicamente ai Giovani Turchi.
Per quanto riguarda il titolo, è evidente il richiamo al "Giardino dei Finzi Contini" (libro e film), sia il giardino che la masseria sono dei luoghi ideali, che portano in sé una fallace forma di sicurezza destinata ad essere spazzata via dalla violenza degli uomini, dai massacri degli uomini armeni e dalle "marce della morte" riservate alle donne. Anche se la pellicola dei Taviani a volte riflette di un impianto televisivo, questo piccolo difetto è controbilanciato dai molti pregi, tra cui un cast davvero europeo. Fra gli attori, tantissimi, va citata almeno Arsiné Kanjian (di origine armena), che aveva già recitato in Ararat. Quello che è davvero importante è che la "Masseria delle allodole" porterà al grande pubblico una conoscenza, quanto meno iniziale, di uno degli eventi più drammatici del novecento, un crimine in passato "rimosso" troppo spesso da considerazioni politiche ed ideologiche.
La frase: "Uccidete anche i bambini, altrimenti una volta cresciuti vorranno vendicarsi (nota: una frase molto simile era stata attribuita anche a Mengele, il "medico" di Auschwitz)".
Mauro Corso
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