The Horde
Vi sono molti modi per rappresentare quel determinato filone del cinema d'apocalisse che vede i morti viventi camminare sulla terra per nutrirsi dei vivi. Uno dei modi più tipici consiste nel partire dal basso, da un punto di vista individuale o al massimo dall'ottica di un piccolo gruppo. The Horde, fedele a questa prospettiva, prende spunto da una resa di conti fra un reparto di polizia e un piccolo gruppo di criminali che ha ucciso in modo efferato un agente.
L'incredibile avviene proprio durante la messa in atto di questa vendetta.

The Horde, nel panorama del cinema di zombie non aggiunge elementi nuovi, non fornisce alcun tipo di spiegazione e in definitiva non si discosta da molti altri film che hanno affrontato questo tema. Però ci troviamo di fronte a un film di genere ben costruito, che sa dosare in maniera più che accettabile scene di tensione e sequenze adrenaliniche, accogliendo tra l'altro qualche piccolo elemento di natura politica. The Horde si svolge infatti in un palazzo sfollato, probabilmente abitato fino a poco tempo prima solo da abusivi e da squatter. Come insegna Zombie di Romero, i morti viventi tendono a tornare nei luoghi familiari e abituali (infatti nella citata pellicola i defunti senza pace assediavano un supermercato). Allo stesso modi questi morti viventi tornano agli appartamenti dai quali sono stati sfrattati, quasi in una grottesca ricerca di giustizia sociale al di là della vita. I più intransigenti fan di Romero forse storceranno il naso nel vedere gli zombie correre in alcuni momenti del film (anche se in velocità non sono paragonabili agli zombi-velociraptor di Dawn of the dead). Lo stesso Romero del resto aveva dichiarato categoricamente in un'intervista: "gli zombi non corrono!". Bisogna però ammettere che questa scelta, usata tra l'altro con una certa oculatezza, contribuisce ad aumentare i livelli di adrenalina di questo gradevole prodotto. Gradevole, cioè, per i palati giusti. Un'altra lezione che The Horde però sembra aver imparato da Romero (in particolare dal finale di Diary of the dead) è che a volte i vivi possono essere più crudeli e malvagi degli zombi, in fondo animati da una sorta di innocenza primordiale. C'è una sequenza particolarmente forte, in cui una donna, risvegliata nella morte, viene tormentata (piuttosto crudelmente e con accenti a chiaro sfondo sessuale) da alcuni personaggi che l'hanno per così dire "catturata". Il mantenimento della propria umanità a fronte dell'apocalisse è un tema ricorrente e ormai quasi obbligato.

E così i francesi ci hanno dato ancora una volta una lezione sulla possibilità di fare un buon film di genere con tutti gli elementi del caso: personaggi e dialoghi sopra le righe, scenari claustrofobici e inquietanti, uniti a scene d'azione ben costruite. Una scena in cui uno dei protagonisti affronta da solo una massa infinita di zombi in piedi sul tetto di un'automobile è, da questo punto di vista, esemplare. Per il resto The Horde è come un giro su una giostra al Luna Park: se si è disposti a pagare il biglietto il divertimento è assicurato.

La frase: "Adesso gli insegnamo noi il marsigliese!".

Mauro Corso

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