La grande rabbia
Claudio Fragasso torna sui temi a lui cari dirigendo un film, in parte documentario, sulla periferia di Tor Vergata a Roma in rivolta contro l'arrivo dei cittadini extracomunitari.
Basato su fatti realmente accaduti, il film traccia nell'arco di una giornata la vita di Matteo (Maurizio M. Merli) e Benny (Miguel Gobbo Diaz), legati da una grande amicizia, lui bianco di destra, Benny o meglio Benito scuro di pelle e anche lui di destra, erede a suo dire degli alleati eritrei durante il periodo coloniale italiano del ventennio.
Matteo ha un fratello poliziotto, un padre pensionato (Flavio Bucci), nella sua giornata, accentuata da uno splendido bianco e nero della pellicola, accompagna il suo amico appena uscito di prigione nel cercare di recuperare dei gioielli e all'appuntamento con uno scontro clandestino di lotta dove cercheranno di vincere 50.000 euro. Alla fine delle ventiquattro ore le loro vite cambieranno per sempre, dopo avere incontrato un'innumerevole serie di personaggi delle periferie romane, il tutto alternato da vere interviste alla gente di Tor Vergata e a immagini degli scontri con le forze dell'ordine.
Il viaggio del regista ci porta in una delle realtà romane, ma anche di altre grandi città, fatto di campi di zingari, delinquenza, povertà, una città ben lontana dalle sue bellezze artistiche, ma che non si manca mai di ricordare come sia inquinata anche da "mafia capitale".
Se la scelta del bianco e nero a prima vista può ricordare “L'odio” di Mathieu Kassovitz (1995), in realtà il compito che il regista si è dato è quello di mostrare come dalla periferia stia montando la rabbia per il continuo disagio sociale, accentuato dalla crisi economica e la sceneggiatrice Rossella Druidi si è inventata ben poco nella storia. La scelta neorealista di mostrare il campo zingari girando in loco e senza l'aiuto di comparse, ma solo con un attore nella parte del capo della comunità, sotto l'occhio vigile del vero capo, come raccontato dallo stesso regista, ci danno uno spaccato di verità raro nella cinematografia nostrana.
Se il patinato “Suburra” di Sergio Sollima (2015) aveva solo anticipato "mafia capitale", il film di Fragasso, realizzato tra mille difficoltà con un budget inesistente autofinanziato, mostra non solo le qualità artistiche del regista, ma affronta senza mezzi termini i problemi della vita vera nelle periferie romane. Per chi fosse stufo dei supereroi o risate grossolane “La grande rabbia” è un film da vedere che non vi deluderà e potrà aiutarvi nel comprendere non solo una serie di problemi sociali, ma che nella vita spesso il lieto fine non si trova mai.
La frase:
"Io non sono nero sò romano come te!".
a cura di Roberto Leofrigio
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