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La foresta di ghiaccioLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Federica Di Bartolo23 ottobre 2014
Dopo il successo di “Good Morning Aman” del 2009 vincitore del premio Fice alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, ecco la seconda fatica del produttore cinematografico, regista e sceneggiatore italiano Claudio Noce.
“La foresta di ghiaccio”, presentato al Festival Internazionale del Cinema 2014 nella sezione “Cinema di Oggi”, è un thriller dai toni soffusi che tende verso le tinte e le atmosfere del noir. Ambientato sulle gelide montagne innevate, dove la natura impervia regola lo scandire della vita dell’uomo, che lotta contro di essa per sopravvivere, ed è il bianco dei suoi ghiacciai a dominare il film creando un contrasto netto fra la simbologia attribuito a tale colore, ossia di purezza, e la natura “bestiale” (cit. dal film) dell’uomo. Perché le emozioni che animano gli abitanti di un piccolo paese alpino sono essenzialmente di vendetta e di tradimento, di odio e di desiderio. Tutto ha inizio quando viene rinvenuto, nella neve al confine con la Slovenia, il cadavere di una giovane donna originaria di Tripoli. In quello stesso momento Pietro Fanin (Domenico Diele), un giovane tecnico specializzato arriva al paese di montagna per aggiuntare un guasto alla centrale elettrica nel cuore della diga, una barriera di cemento che sembra dividere la terra e il cielo. Pietro stringe immediatamente amicizia con Lorenzo, che sogna di aprire un bar in Brasile, ma ben presto questo effimero legame lo porta a scoprire un traffico di clandestini fra gli abitanti del paese e dei criminali sloveni. Intanto Lana (Ksenia Rappoport), giovane poliziotta slovena che fa finta di essere una zoologa alla ricerca degli orsi, comincia la sua caccia e tenta di infiltrarsi all'interno del microcosmo di questo paesino. Con il passare del tempo il mistero si infittisce, la tensione latente si fa sempre più evidente. Una tensione serpeggiante che investe questo piccolo mondo, che silenziosamente cerca di nascondere i propri torbidi segreti. Tutto è attesa, perché è la natura che regola la vita lì e le tormente e le bufere sono all'ordine del giorno. Come ha spiegato lo stesso regista: “Un luogo dove la natura è più forte della volontà e dei desideri dell’uomo. Dove il dolore e il senso di colpa si fondono con l’urlo violento della tempesta.” “La foresta di ghiaccio” gioca sul contrasto del colore, sul detto e non detto, sui sentimenti negativi riportando a galla drammi del passato, tanto che il regista sembra chiedersi se c’è salvezza per gli abitanti di questa landa, lontana da tutto e forse dimenticata da Dio, dove la grettezza umana è all'ordine del giorno. Vi è un gioco di sguardi, di silenzi che creano una lieve “suspense”, che non coinvolge o inchioda lo spettatore, anche a causa di una narrazione decisamente troppo lenta, senza grandi colpi di scena, come se il regista cercasse di riprodurre la lentezza del ritmo di vita di quei luoghi. Bellissimi gli scorci paesaggistici, ma in sintesi il film non convince, poiché tutto sembra sospeso nel tempo e i personaggi sono mere ombre che si agitano nel nulla. Lodevoli le interpretazioni dell’attrice russa, vincitrice di un David di Donatello come migliore attrice protagonista in “La sconosciuta” del 2006, Ksenia Rappoport e del regista, musicista e sceneggiatore jugoslavo naturalizzato serbo e già vincitore di due Palme d’oro, Emir Kusturica, qui nelle parti del malvagio. La frase dal film:
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