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La Faida











Sebbene il titolo possa spingere a pensare all’ennesima vicenda a base di violenza stilizzata e scontri a fuoco, il secondo lungometraggio cinematografico diretto dal californiano classe 1968 Joshua Marston, ambientato nel nord dell’Albania, intende, in realtà, continuare l’esercizio narrativo iniziato dal regista tramite il discusso esordio "Maria full of grace" (2004), drammatico racconto su celluloide di sopravvivenza e spaccio di droga.
Infatti, in questo caso non sfrutta i circa 109 minuti di visione per narrare la storia proto-tipica delle cicliche uccisioni vendicative, e, piuttosto che fare la spola tra due famiglie rivali, si concentra specificamente sull’esperienza vissuta del trovarsi in una faida.
E lo fa attraverso il punto di vista di adolescenti le cui vite si trovano a essere stravolte quando la loro famiglia viene presa di mira: il diciassettenne Nik alias Tristan Halilaj, che sta vivendo la sua prima storia d’amore con una compagna di classe e pensa di aprire un Internet Point dopo il diploma, e la sorella Rudina, più piccola di due anni e con il volto di Sindi Lacej, la quale aspira a frequentare l’università.
Vite stravolte dal momento in cui, dopo una disputa per un terreno locale, il padre Mark, interpretato da Refet Abazi, viene accusato di omicidio e le leggi del Kanun, antico codice civile balcanico del quindicesimo secolo, concedono alla famiglia del deceduto la possibilità di uccidere come compenso Nik o, comunque, qualsiasi maschio adulto parente stretto dell’assassino.
Quindi, è una camera di ripresa spesso in movimento a rappresentare uno degli stratagemmi più sfruttati per conferire realismo all’insieme, destinato a proseguire con Mark costretto a nascondersi sui monti, Rudina impegnata a lasciare la scuola per intraprendere il suo lavoro e mantenere la famiglia e Nik, al quale è stato vietato di uscire di casa, preso dalla frustrazione e dalla rabbia tanto da essere spinto a tentare di porre fine alla faida.
Tutti attori diretti con professionalità nel descrivere in maniera efficace – privilegiando i personaggi – una società legata al XXI secolo per via dei telefoni cellulari e del web, ma, al contempo, imprigionata nel passato a causa di una secolare tradizione orale che porta il peso della legge; man mano che seguiamo l’epopea di due giovani intrappolati in situazioni da adulti e, di conseguenza, costretti a crescere molto in fretta.
Anche se lo spettatore si trova a dover fare i conti con il non troppo incalzante ritmo di narrazione.

La frase:
"Sono qui per mettere fine a questa faida".

a cura di Francesco Lomuscio

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