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La cosa











Nonostante il titolo, il primo lungometraggio dell’olandese Matthijs van Heijningen Jr non è il remake de "La cosa", capolavoro fanta-splatter diretto nel 1982 da John Carpenter partendo da quel "La cosa da un altro mondo" che – firmato trentuno anni prima da Christian Niby e da un non accreditato Howard Hawks – prese le mosse dal racconto "Who goes there?" di John W. Campbell Jr, bensì il suo prequel.
Non a caso, il parassita extraterrestre in grado di imitare qualsiasi forma di vita con cui entra in contatto e che finisce per seminare terrore e morte in mezzo a un gruppo di scienziati nell’Antartide, è in questo caso inizialmente congelato, proprio come accadeva nella pellicola di Niby e Hawks e non in quella del mitico autore di "1997: Fuga da New York", nella quale, invece, era già in azione fin dai primi minuti.
Del resto, più di ogni altro aspetto, sono proprio le immagini che scorrono durante i titoli di coda a riallacciarsi al film del 1982, di cui Matthijs van Heijningen Jr riprende in maniera evidente sia estetica generale che situazioni; sebbene si trovi a dover raccontare episodi a esso antecedenti e, ponendo nel ruolo di protagonista la Mary Elizabeth Winstead di "Final destination 3" e “Die hard - Vivere o morire”, rischi di snaturarne non poco l’affascinante e a suo modo misogina allegoria di fondo.
Infatti, al di là dei diversi elementi che, complice in particolar modo il decennio di realizzazione, lasciavano pensare al dilagante incubo dell’Aids, il lungometraggio interpretato da Kurt Russell sfruttava un cast totalmente maschile proprio perché l’unica presenza femminile era rappresentata dalla "cosa" stessa, intenta a conquistare il mondo impadronendosi della personalità degli uomini per porli l’uno contro l’altro e le cui fattezze, viscide e mollicce, più volte ricordavano quelle dell’organo sessuale della donna.
Quindi, mentre si prova un forte senso di deja-vu, i circa 103 minuti di visione non assumono altro che i connotati del compitino ben fatto, capace soltanto di testimoniare da un lato quanto riuscirono a essere sorprendentemente all’avanguardia Carpenter e l’effettista Rob Bottin, dall’altro con quanta poca fantasia e capacità di stupire venga concepito il cinema di genere d’inizio terzo millennio. Che, come in questo caso, crede di riuscire a camuffare dietro la computer grafica la sua pochezza generale.

La frase:
"Potrebbe essere la prima e unica volta che l’umanità venga visitata da una forma di vita aliena".

a cura di Francesco Lomuscio

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