Kangaroo Jack
"Kangaroo Jack" è un filmetto senza pretese, o meglio con un'unica pretesa che è quella di distrarre un giovanissimo pubblico estivo sofferente per l'afa e la calura di stagione.
Di più non aspettatevi da una pellicola che racconta delle peripezie di Charlie Carbone (Jerry O'Connell, uno dei bambini di "Stand By Me") e Louis Fucci (Anthony Anderson, visto recentemente in "Amici per la morte") due giovani di Brooklyn catapultati in Australia da Sal Maggio (Christopher Walken), il patrigno di Charlie, per recarvi un pacchetto da consegnare ad un certo Mister Smith. Il problema è che Sal è un boss della mafia newyorchese e che nel pacchetto ci sono 50.000 dollari che, inopinatamente, finiscono, assieme alla giacca portafortuna di Louis, addosso ad un canguro che se la spassa, saltellando saltellando, per i deserti australiani, del tutto ignaro del tesoro che porta con lui.
La cosa più carina da vedere in questo film è il canguro digitale creato dal supervisore tecnico Hiyt Yeatman che ha guidato un team di settanta persone per dare vita al canguro virtuale. La creazione è effettivamente indistinguibile dalle sue controfigure reali se non fosse per le espressioni buffe e divertenti del viso, invece tipicamente umane.
Per il resto, questo film di David McNally (ha esordito alla regia nel film "Le ragazze di Coyote Ugly") e prodotto da Jerry Bruckheimer, non si discosta dai clichet delle opere del genere.
Vi ritroviamo qualche battuta divertente, personaggi esagerati, fughe improbabili, amore e amicizia in primo piano e i cattivi che alla fine, inevitabilmente, periscono in omaggio alle esigenze che il copione giustamente impone.
Una menzione va al cast di buon livello. Infatti, oltre al già citato Christopher Walken, si compone di buoni comprimari come Estella Warren ("Driven"), Bill Hunter ("Priscilla la regina del deserto"), Marton Csokas ("Il signore degli anelli") e David Ngoombujarra ("Rabbit-Proof Fence").
Bisogna anche dire che il film, visto in originale, sicuramente avrebbe una dose di comicità in più dovuta ai giochi di parole e ai fraintendimenti che nascono tra la pronuncia americana e quella australiana della lingua inglese. Gags che, inevitabilmente, sono appena intuibili nel doppiaggio in italiano.
La scena più divertente è quella di un gruppo di canguri che balla al ritmo di una canzone rap.
Un pò pochino...

Daniele Sesti

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