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Jurassic World











Ventidue anni dopo i catastrofici eventi che portarono alla chiusura di Jurassic Park, Isla Nublar dispone di un parco a tema 'dinosauri' completamente rinnovato che calamita milioni di turisti: il Jurassic World, fedele al sogno originale dell'ormai deceduto magnate John Hammond e costruito sui resti del parco originale.
Passati alcuni anni dall'apertura, il numero di turisti in visita al Jurassic World inizia però a calare: dopo l'iniziale interesse suscitato a livello mondiale e la conseguente affluenza da record, il mondo si è pian piano abituato all'esistenza dei dinosauri e il parco attrae sempre meno pubblico.
Per ravvivarne l'interesse, la responsabile del parco Claire Dearing (Bryce Dallas Howard) e il genetista Henry Wu decidono di creare un nuovo dinosauro sfruttando le più moderne tecniche di ingegneria genetica e combinando i DNA di diverse specie.
Il risultato è l'Indominus Rex, più grande di un T-Rex e veloce quanto un velociraptor.
Poco prima dell'inaugurazione della nuova attrazione, l'Indominus Rex riesce però a fuggire dal suo paddock e inizia a seminare il panico tra i visitatori.
Tutto si complica con l'arrivo dei nipoti di Claire, Zach e Gray, che vengono travolti dalla furia mortale dell'animale.
Tra i membri dello staff del parco c'è Owen Grady (Chris Pratt), un ex militare che ora svolge ricerche comportamentali su un branco di quattro velociraptor e sembra essere l'unico ancora in grado di riconoscere ai dinosauri lo status di esseri viventi piuttosto che quello di semplici attrazioni.
Toccherà proprio a lui cercare di fermare la minaccia rappresentata dall'incontrollabile Indominus Rex e mettere in salvo le migliaia di persone presenti sull'isola.
Era l'estate del 1993 quando Steven Spielberg inaugurava il suo Jurassic Park e, nonostante sembri passata un'era geologica da allora, l'impressione che si ha rivedendolo adesso è che, tutto sommato, si tratti di un film invecchiato piuttosto bene.
Merito senz'altro di effetti speciali per l'epoca assolutamente all'avanguardia, oltre che di una storia molto abile nel far leva su una serie di paure ancestrali assai difficili da scardinare.
Chiaro quindi che il primo step, approcciandosi a questo Jurassic World, sia quello di valutare quanto erediti e quanto invece sia capace di discostarsi dall'originale.
Dal momento che, almeno a prima vista, lo scarto tecnico tra i due film non risulta poi così abissale, è dunque naturale chiedersi se ciò possa dipendere da quanto Jurassic Park fosse nuovo, addirittura troppo nuovo, per la sua epoca o se non sia invece questo Jurassic World a essere nato già vecchio. La risposta, per chi scrive, è più o meno nel mezzo.
Perché se è vero che l'opera di Colin Trevorrow, da un punto di vista squisitamente estetico, trasuda anni Novanta da ognuno dei suoi fotogrammi, è altrettanto vero che ciò non andrebbe interpretato come un difetto, quanto come un risultato voluto evidentemente per rendere omaggio al film capostipite del franchise e al suo demiurgo Steven Spielberg, qui impegnato nella sola veste di produttore.
Jurassic World ha, infatti, un modo di riprendere tutti i topoi del cinema di Spielberg che ricorda molto da vicino l'operazione, in realtà ben più complessa da un punto di vista semantico, compiuta qualche anno fa da J.J. Abrams con Super 8.
Abbiamo quindi lo stupore di un occhio bambino a guidarci nei meandri di un mondo potenzialmente fiabesco, guastato dall'avidità degli adulti - perfettamente sintetizzato nel personaggio interpretato da Bryce Dallas Howard - e una sorta di Peter Pan (Chris Pratt, qui alle prese con le prove generali per il prossimo capitolo di Indiana Jones) unico tramite tra il mondo dell'infanzia e quello dei grandi e inconsapevole deus ex machina di un ritorno ideale all'isola che non c'è.
C'è di buono che questo omaggio non si risolve con l'essere un semplice compitino speculare alla sua matrice, bensì ne amplia lo spettro attraverso l''inserimento, nella trama, di un dinosauro geneticamente modificato che, all'animalità esasperata del primo capitolo, oppone un'inquietante forma di coscienza di sé ereditata dal mix di geni adoperato per crearlo.
Se lo scopo primario dell'Indominus Rex è, ai fini del puro intrattenimento, quello di amplificarne a dismisura il livello di suspense fino a spingere, giocoforza, verso un epilogo che - senza dire troppo per evitare il rischio di antipatici spoiler - ricorda molto da vicino il recente Godzilla di Gareth Edwards, è interessante evidenziare come le differenze che intercorrono tra questo dinosauro e il T-Rex (vera star di Jurassic Park) siano più o meno le stesse riscontrabili tra i due film che li vedono protagonisti, una volta che si sia deciso di approfondirne la lettura.
Se nel 1993 avevamo, infatti, un mondo già virtuale, ma ancora indissolubilmente legato al concetto di analogico (i dinosauri di Jurassic Park venivano ricreati biologicamente a partire da vere cellule ricavate dai fossili), in Jurassic World assistiamo all'ingresso definitivo di quello stesso mondo virtuale nell'era digitale attraverso questo Indominus Rex che, di fatto, è un ibrido inclassificabile, esteticamente simile a un dinosauro ma dotato di caratteristiche evolute.
Jurassic World, nel bene e nel male, è esattamente questo. Un Jurassic Park 2.0 che, una volta epurato dal suo inevitabile bagaglio di rimandi a un predecessore tanto ingombrante, è libero di partire a razzo, dopo appena una decina di minuti, e tirare dritto fino alla fine con più dinosauri, più inseguimenti e "più denti" dell'originale.

La frase:
"Mi raccomando, se qualcosa vi insegue scappate".

a cura di Fabio Giusti

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