In the Market
"Il film che state per vedere si ispira a fatti realmente accaduti. I contenuti delle immagini sono espliciti e violenti. Si consiglia l’abbandono della sala a chiunque possa impressionarsi durante la visione".
Vincitore di cinque premi presso il Tenebria Film Festival, tra cui quello per il miglior film, apre con questa didascalia l’esordio alla regia per il ventitreenne Lorenzo Lombardi, che, costato soltanto 20000 euro, è stato annunciato come prodotto intento ad incarnare la risposta italiana a horror d’oltreoceano del calibro di "Saw" e "Hostel".
Con immancabili rimandi a "Non aprite quella porta", il plot si concentra sulle figure di Sarah (Rossella Caiani), David (Marco Martini) e Nicole (Elisa Sensi), i quali, in viaggio in automobile per andare al concerto dei GTO, loro rock band preferita, prima scampano a una rapina, poi, rimasti senza averi e non essendo riusciti ad avvisare la polizia, decidono di trascorrere la notte rinchiusi in un market, all’insaputa dei padroni.
Quindi, tra citazioni verbali che spaziano da "Salvate il soldato Ryan" di Steven Spielberg a "Vacancy" di Nimród Antal, passando per il succitato torture porn diretto da Eli Roth, si prosegue fino al momento in cui ha inizio per i tre una claustrofobica notte da incubo alle prese con un macellaio piuttosto particolare incarnato da Ottaviano Blitch, speaker di Virgin radio rivisto anche in "Shadow-L’ombra" di Federico Zampaglione.
E, grazie alla curata fotografia per mano di Nicola Santi Amantini e agli effetti speciali di trucco ad opera dell’infallibile Sergio Stivaletti, è proprio quest’ultima la parte più riuscita dell’operazione, al cui interno non possiamo fare a meno di individuare un certo (sotto)testo relativo alla tanto discussa crisi.
Parte in cui, ovviamente, è relegato tutto l’aspetto splatter, ma alla quale, purtroppo, si giunge soltanto dopo aver superato la prima metà dei 106 minuti totali di visione (forse un po’ troppi per un low budget del genere).
Prima metà che Lombardi, emulando in maniera evidente colleghi a stelle e strisce quali Quentin Tarantino e Robert Rodriguez, costruisce interamente sui dialoghi, senza poter contare, però, su attori che vantino l’esperienza di quelli spesso sfruttati dall’accoppiata cui si deve il dittico "Grindhouse".
Tipico difetto di molte opere prime concepite a budget inesistente, il quale finisce inevitabilmente per accentuare la poca capacità di coinvolgimento dello script; anche se "In the market", per quanto riguarda la buona confezione tecnica, non differisce poi molto dall’infinità di più o meno digeribili straight to video provenienti da altre nazioni.
La frase:
"I vivi si aggirano derubando i vivi dell’essere vivi, tutti".
a cura di Francesco Lomuscio
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