I magi randagi
A dieci anni dalla realizzazione e dall'uscita in sala (in un'unica copia), a pochi mesi dalla scomparsa del suo regista Sergio Citti, il film viene nuovamente distribuito in una nuova versione realizzata nella primavera scorsa dallo stesso cineasta, preceduto dal cortometraggio "disperatamente vitale" (diretto da Paolo Brunatto), omaggio all'autore di "storie scellerate".
Gli anni '90 dell'amaro e vitale poeta Citti sono un circo, detto "della mosca" ("perché si posa sui rifiuti dell'uomo, sulla sua merda"). In paradiso, Dio è in giacca e cravatta e l'ordine è mantenuto da celerini. Da noi, la Madonna partorisce nel luogo dove fu assassinato Pasolini, Giuseppe è ricercato e accoglie col fucile gli sconosciuti, il bambinello può essere una femmina o due gemelli.
I clown Gaspare, Baldassarre e Melchiorre, smessi gli abiti da domatore ("l'uomo è la bestia più feroce"), soldato nazista, mafioso (lupara e doppiopetto), partecipano ad un presepe vivente arrotondando il compenso con autografi e foto a pagamento ("l'amicizia è cara al giorno d'oggi").
Picchiati dalle comparse precedenti in sciopero per rivendicare una paga più alta, sono coinvolti in un'orgia dalle coriste e perciò minacciati di castrazione dagli uomini di un paese dove non si vogliono figli perché "dopo una giornata di lavoro siamo stanchi", "costano", "poi si drogano". Saliti come clandestini su una nave, vengono buttati in mare, si ritrovano ad assistere ad un'assalto razzista ad un campo nomadi, e nuovamente aggrediti una volta identificati come "un negro, un napoletano, un arabo". Acquistato per un pugno di milioni il neonato che ritengono il Salvatore, non riescono a sfamarlo in un bar perché la donna al bancone è inchiodata davanti ad un telenovela.
Citti, aiutato nella sceneggiatura da David Grieco, sostiene che "bisogna essere folli per essere chiari", e mette in bocca ai tre sottoproletari, artisti dell'arrangiarsi, l'innocenza del suo messaggio ("il cielo e il sole non costano niente e dobbiamo amarli. Vogliamoci bene tutti"). Con una speranzosa convinzione finale: "ogni bambino che nasce è Gesù".

La frase: "La rassegnazione non ha nulla da invidiare all'eroismo". (Pier Paolo Pasolini)

Federico Raponi

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