Il solitario
Un mucchio di soldi rapinati che si portano dietro un ammasso di cadaveri. Nell’ambiente criminale, un pesce piccolo finisce in un giro troppo grosso e pericoloso. Per proteggersi, sta rifugiato in un appartamento dove un telefono cellulare deve dargli il via libera ma tarda a squillare. L’unica nota di colore è una simbolica rosa rossa che, nel lento trascorrere del tempo, appassisce e secca. Come distrazioni, per lui - tormentato da incubi che lo riportano sempre alla sparatoria-carneficina iniziale - ci sono i due unici canali televisivi locali, che trasmettono telegiornali e (tocco ironico) "B-movie" d’azione, le carte da gioco per "il solitario", le flessioni, il sesso con una prostituta.

Soggetto, produzione e regia - d’esordio, in un lungometraggio di finzione – portano la firma di Francesco Campanini, che è stato assistente di film e fiction TV, montatore, regista di un documentario. "Il Solitario" - sequel di "nel cuore della notte" (di cui Campanini era stato montatore e produttore) con lo stesso protagonista (interpretato da Luca Magri, che qui ha co-sceneggiato e prodotto) - è un dichiarato, inerte omaggio a Jean-Pierre Melville nella rappresentazione di un antieroe dal destino segnato, in quanto a guidarlo - anche a costo dell’autodistruzione - sono i doveri dell’amicizia e dell’onore, a differenza di nemici sadici ("ti tengo vivo ancora un po’, così ci divertiamo") e sleali ("io sono un delinquente, la mia parola non vale un cazzo"). Ma come riferimento c’è soprattutto il cinema italiano di genere dei decenni '70 e '80, reso esplicito dalla presenza nel cast di una delle figure di quella stagione (Massimo Vanni), e dallo stile (alcune angolazioni di ripresa o il fermo immagine, ad esempio). Caccia metropolitana di interni e notturni, con un’alternanza di fuga e attesa, e dai bassi costi che si riflettono nella qualità delle immagini e della recitazione, il film sconta personaggi privi di spessori e di sottigliezze che - a parte un triplo finale in rapida successione - evidenziano una fin troppo lineare trama.

La frase:
- "Ciao bello, ti va di divertirti con me?"
- "No".

Federico Raponi

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