Il signore degli anelli - Il ritorno del re
Se nel primo episodio della trilogia protagonista era la "Compagnia" intesa come comunità di razze diverse, anche antagoniste, unite assieme dal comune intento di sconfiggere il maligno, e se nel secondo il ruolo centrale è quello di Gollum/Smeagol, l'uomo animale dalla doppia personalità che fa la sua comparsa catalizzante diventando il protagonista indiscusso, nel terzo ed ultimo episodio della saga de "Il Signore degli Anelli" è difficile individuare un personaggio od un evento che assurga ad elemento fondamentale e portante del film. Potremmo individuarlo in Frodo, ormai arrivato alle pendici del monte Fato per compiere l'ultimo e decisivo passo verso il fuoco di Sauron, Frodo l'hobbit incontaminato che, nel finale, vediamo diafano, quasi assunto a santità, dopo essere stato anche lui assalito e travolto dalla tremenda potenza dell'Anello; o forse potremmo indicarlo in Sam, il fido servitore e amico, il portatore del portatore dell'anello, autentico eroe popolare, dotato di quella saggezza genuina comune solo a chi coltiva zucche e rinvasa i fiori del proprio giardino; o potrebbe essere Aragorn, l'uomo ramingo che finalmente si fa re, abbandonando tutti i propri dubbi esistenziali, per condurre i suoi sudditi alla epica battaglia conclusiva. Tutti costoro avrebbero le giuste credenziali per rivendicare il ruolo di protagonista. Ma, a ben guardare, l'intento del regista Peter Jackson, è invece quello di focalizzare l'attenzione su uno dei punti di forza dell'opera di Tolkien: la coralità dei personaggi e la concatenazione degli eventi. Tutti, nel loro piccolo, sono organici e funzionali al raggiungimento dell'obiettivo. Da Gandalf il bianco, mago potente quanto fine politico, al piccolo Pipino con la sua impertinenza da bambino curioso, da Re Theoden affranto dai rimorsi, alla bionda nipote Eowyn, donna guerriera Giovanna d'Arco ante litteram, dal re degli elfi Elrond che cede alle debolezze sentimentali della figlia Arwen ricostruendo la spada spezzata, a Legolas sempre più funambolico e a Gimli il nano che fa del buon umore la sua arma migliore.
Insomma, Jackson coglie ancora nel segno e realizza con "Il ritorno del re" la degna chiusura di una trilogia che ricorderemo a lungo e che premia l'attesa dei milioni di fans in tutto il mondo. Come detto, la coralità dei personaggi e la concatenazione degli eventi sono resi ottimamente dal regista australiano con un montaggio serrato ed attento che mai fa perdere il filo della storia che spesso si frantuma in mille rivoli. Ancora una volta, le cose migliori del film sono gli effetti speciali, realistici ed impressionanti, e le scene di massa come la grande battaglia sotto le mura di Gondor, la città bianca disegnata come una città rinascimentale enfatizzata da uno spiccato gusto per la prospettiva e dalla profondità di campo spesso usata con maestria per mezzo delle frequenti e avvolgenti riprese aeree. Ma Jackson non è solo un sapiente utilizzatore delle risorse che la Weta - la casa produttrice degli effetti speciali - gli ha messo a disposizione. Forte di una sceneggiatura solida e coerente, è anche capace di sequenze che rimangono nella memoria come la scena dei ripetuti segnali di fuoco sulle montagne o la sequenza della cattura di Frodo da parte di Shelob il ragno gigante. Perfette, anche in questo episodio, sono le maschere dei mostri fra le quali spicca quella di uno dei capitani degli orchi che molto ricorda lo straziato profilo di "The Elephant man".
Il film inizia con la storia di come l'umano Smeagol divenne il mostro Gollum a causa del ritrovamento dell'anello e finisce con la partenza degli Elfi (francamente un pò lunghe le sequenza finali dei vari commiati), passando per battaglie fra eserciti e lotte corpo a corpo. Alla fine, dopo tanto lottare e tanto combattere, fa quasi piacere scoprire che l'amore trionfa sempre, anche nella Terra di Mezzo...

Daniele Sesti

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