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Il richiamo











Un incontro tra due donne molto diverse. Lea lavora in una fabbrica di polli, è estroversa, espansiva e apparentemente molto flessibile. Lucia è un'assistente di volo, molto rigida, misurata e di indole solitaria. Costretta a terra da un momentaneo malessere, Lucia inizia a impartire lezioni di piano. Lea decide di diventare sua allieva. Il richiamo è un film pieno di simboli e di metafore molto spesso fintroppo scoperte. Il legame insistito fra i volatili appesi a testa in giù nella "fabbrica" e l'inquadramento della società attuale non richiede uno sforzo di immaginazione particolarmente complesso. Il fenomeno della "pollizzazione" non è però irreversibile. Per contrastarlo è sufficiente sapere ascoltare quel "richiamo" quella voce unica e individuale in grado di guidare in territori inimmaginabili. Territori della mente e territori fisici, territori individuali e astratti e territori carnali e di coppia.
Come è evidente la finalità di questa pellicola, dietro all'apparente quotidianità delle situazioni è molto ambiziosa: non soltanto individua un malessere nella società attuale, ma indica anche una cura, in un certo senso anche da un punto di vista letterale. Il problema è che l’insistenza con cui i concetti sono ripetuti diviene molto spesso soverchiante rispetto all’esigenza di raccontare semplicemente una storia. I personaggi sono delle figurine appena accennate, prive di una vera profondità psicologica. Non perché Il richiamo sia dominato dal silenzio. Anzi, c’è una presenza costante del parlato, dialoghi continui e serrati in cui in realtà non viene detto quasi nulla. Questo si riflette nella difficoltà da parte degli attori di trovare davvero il proprio personaggio. Francesca Inaudi, solitamente molto sensibile nelle sue interpretazioni, qui risulta un po’ spenta e sperduta, come se non sapesse bene in quale direzione andare. Non è una responsabilità sua, naturalmente.
Dal punto di vista tecnico c’è qualche imprecisione, ci sono dei salti logici in cui si sente l’assenza di qualche scena di raccordo e c’è una piccola situazione “onirica” che rasenta il ridicolo involontario, senza però raggiungerlo veramente (purtroppo). Rimane il dubbio che, nonostante i buoni propositi, anche questo quadro al femminile sia in realtà il prodotto di una mente profondamente maschile. Non è di per sé una qualità negativa, ma rischia di portare a un risultato sostanzialmente contraddittorio.

La frase:
"Lei non ti ama più".

a cura di Mauro Corso

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