Il pugile e la ballerina
"Se hai pazienza e metodo alla fine raggiungi lo scopo, perchè ci vuole un obiettivo alla tua giornata".
Con queste parole si chiude il film "Il pugile e la ballerina" del regista Francesco Suriano, tratto da un soggetto suo e di Marco Saura. E’ ispirato ad una storia vera, su cui si innestano le vite di altri personaggi attraverso il continuo dualismo tra realtà e finzione, che è usato dal regista anche nel tempo narrativo. Sono le vite di due coppie a confronto: Enzo e Fabio/Osho e Carletto.
La prima è reale, anche se un pò strana, infatti Enzo è un grande mercante d’arte, mentre Fabio è un pugile in declino. Da quasi tre anni vivono insieme, ma da parte del primo vi è più di una semplice amicizia, soffre per un amore unilaterale e senza speranza che ruota intorno a Fabio, oggetto del desiderio, purtroppo irraggiungibile.
Il pugile da parte sua accetta la diversità dell’amico, ma il suo essere una persona rude, amante delle donne e soprattutto spirito libero si scontra con la realtà di Enzo, generando scontri a volte violenti che coinvolgono perfino gli amici. Calci, pugni, "mazzate" e sangue è in genere il modo con cui questi amici intervengono per difendere Enzo dopo le sue violente liti con Fabio, che rimbombano sulla piazza, allietando, si fa per dire, le giornate degli avventori del ristorante di sotto. Accanto a loro un’altra coppia diversa ed anch’essa eterogenea, quella di Osho e Carletto, il primo è un uomo dal carattere forte e dominante, buttato fuori dalla polizia per truffa, il secondo è un "figlio dell’arma" che non è riuscito a superare il concorso, è una persona debole e con una coscienza con cui è costretto a combattere ogni giorno. Passano le loro giornate insieme fingendosi poliziotti e vendendo abbonamenti ad una rivista fasulla, anche loro hanno una vita fatta di incomprensione e violenza. Sono tutti uomini infelici, incompresi e soprattutto incapaci di comunicare. Se per l’immaginario collettivo sono l’uomo e la donna che parlano due lingue diverse, qui il "dramma" fa capolino dall’universo maschile. Sono due storie a confronto all’inizio ben scandite e separate, il tema della solitudine e l’incapacità di comprendersi reciprocamente è accentuato dal fatto che, durante i dialoghi, ad ogni battuta l’immagine svanisce su un fondo nero per riapparire subito dopo e proseguire come se nulla fosse accaduto, nel lento ticchettio del tempo. Sono descritte le ultime ventiquattr’ore del rapporto di queste due coppie che presto si scioglieranno, ognuno andrà per la sua strada alla ricerca del proprio obiettivo e desiderio, forse di un sogno. I tempi narrativi, prima scanditi e chiari, si confondono e si fondono insieme, ed è proprio a questo punto che la pellicola assume sfumature sul blu e grigio, ad indicare come il passato sia stato solare, mentre ora tutto si sta corrompendo e morendo. Il film è lento, spesso compare la voce fuori campo di uno dei protagonisti che descrive o racconta il passato o riflette sul presente. Il tono iniziale del film sembrerebbe quello dei noir, che purtroppo però va snaturandosi e scomparendo senza che sia successo veramente qualcosa. La trama purtroppo è esile e spesso lo spettatore si perde alla ricerca di una connessione che avviene nel finale, ma senza una spiegazione chiara, resta qualcosa di incerto e di non detto, che non permette al film di decollare come dovrebbe. E’ il dramma dell’incomunicabilità il tema centrale e portante dell’opera, non vi è alcuna polemica, non vi è nemmeno il desiderio di denunciare l’incapacità umana di accettare il diverso, in questo caso l’omosessualità. Tutto scorre! Forse in meglio, ma l’importante è guardare avanti e avere il coraggio di rompere i cordoni ombelicali che legano a momenti o persone del passato.

La frase:
- "Che c’hai messo dentro?"
- "Veleno! La sambuca non l’ho trovata"

Federica Di Bartolo

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