Il petroliere
La storia de “Il Petroliere” può per certi versi ricordare quella di “The Aviator”, come se questo film di Anderson mostrasse il modo in cui era stato fatto il milione di dollari da cui aveva iniziato la sua fortuna Howard Hughes.
Certo tanto il film di Scorsese era pulito, scintillante, illuminato dai flash, così questo è scuro, sporco e cattivo, ma entrambi si concentrano solo sul proprio protagonista, entrambi sono uomini avidi di potere e di ricchezza, incredibilmente egocentrici e misantropi.
La generazione di Daniel Plainview è quella della frontiera che affronta qualsiasi pericolo, qualsiasi fatica che si sporca le mani pur di ottenere la ricchezza.
Nella prima scena Plainview è solo in fondo ad un pozzo buio a cercare argento, isolato da tutto e da tutti, illuminato da un raggio di sole che penetra a fatica all’interno del buco, la sua forza di volontà è indomabile tanto che quando si rompe una gamba si trascina per chilometri pur di portare l’argento trovato alla città più vicina.
Da lì inizia la sua faticosa scalata verso la ricchezza, dall’argento passa al petrolio, ma non sono i soldi ad interessare veramente Plainview è la volontà di primeggiare a muoverlo, un’invidia senza fine lo rode, il disprezzo per l’altro lo spinge ad un isolamento sempre più malato.
Sul suo cammino adotterà un bambino che amerà come se fosse suo figlio, fino al giorno in cui a causa di un incidente non diventerà sordo e lo abbandonerà, conoscerà un predicatore invasato con cui si scontrerà e un uomo che si spaccia per il suo fratellastro, ma che scoprirà essere un truffatore.
Nella sua vita Daniel non ha nessun vero legame di sangue, il figlio non è suo, il fratello è un imbroglione, non ci sono donne, l’unico essere femminile con cui ha rapporti è la terra. Sguazza nel petrolio, rotola nel fango, dedica tutto se stesso ad un amante così esigente, ma di contro lui la terra la stupra, la violenta.

Il film è proprio come il suo protagonista ambizioso e potente, bellissimo e virile.
La regia di Anderson non lascia un attimo Daniel Day Lewis, il suo fantastico attore che si immedesima perfettamente nel ruolo del petroliere e proprio come il suo personaggio alla fine la sua recitazione diventa eccessiva, esplode e stordisce.
E’ l’ultima parte la più debole del film, lo scontro finale tra Plainview ed il predicatore è troppo esagitato ed esagerato, difetto che si riscontra anche in altri film di Anderson.
Il resto del film invece procede per accumulo di tensione, di inquadrature intense, di sguardi penetranti, di paesaggi brulli e aridi.
Una nota a parte merita la bellissima colonna sonora firmata da Johnny Greenwood dei Radiohead che spesso prende il ruolo delle parole, sottolinea gli stati d’animo con una tale varietà da lasciare affascinati.


La frase:
- "Lei stia lì seduto e io la farò ricco"
- "E poi che ci faccio di me stesso"

Elisa Giulidori

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