Il paradiso degli orchi
Daniel Pennac, si sa, è uno degli scrittori di libri per ragazzi più amati, e trarre un film da una delle sue opere di maggior successo può rappresentare un enorme rischio, soprattutto se si tratta di una grande produzione. "Il paradiso degli orchi" è stato il capostipite della serie di libri dedicati a Benjamin Malaussène, che di mestiere fa il capro espiatorio dei grandi magazzini "Au Bonheur Parisien", col compito di impietosire i clienti che hanno comprato prodotti difettosi per evitare che sporgano denuncia. Benjamin deve anche occuparsi dei suoi quattro fratelli minori, ognuno nato da un padre diverso. Le cose si complicheranno quando si ritroverà a essere il principale indagato per l’esplosione di alcune bombe all’interno del negozio per cui lavora. Grazie all’aiuto di una giornalista di cui si innamora, Benjamin inizia la sua maldestra indagine per scagionarsi da ogni sospetto.
Il film dimostra subito di saper riproporre l’ironia e le atmosfere fiabesche del romanzo di Pennac, presentando un personaggio costretto a vivere in un mondo di adulti ma in fondo ancora bambino come i suoi fratellini, sprizzante ottimismo e vitalità, attraverso uno stile dinamicissimo, con un’abilità straordinaria nel saper gestire accelerazioni e pause che rende impossibile la noia. Nicolas Bary, al suo secondo lungometraggio, palesa il proprio talento con una regia solidissima che non cala mai di tono, dipingendo un coro di personaggi attraverso brevi ma efficacissime pennellate, mantenendosi sempre nei pressi di quelle atmosfere surreali che da lontano fanno pensare a Tim Burton o a Jean-Pierre Jeunet (anche se privo di tutta la poeticità di quest’ultimo), specialmente nei bellissimi resoconti romanzati delle proprie giornate che Benjamin fa ai fratelli prima di dormire. Lo stesso ha anche firmato la sceneggiatura, di una precisione e di una scorrevolezza esemplari. La fotografia solare, il montaggio dal ritmo spesso serrato, tutto contribuisce a creare un film davvero per tutti, che può essere amato dai bambini ma anche, e forse di più, dagli adulti. Un’ora e mezza di grande intrattenimento a cui ha contribuito la bravura di interpreti come Raphaël Personnaz ("La princesse de Montpensier"), Bérénice Bejo ("The Artist", "Il passato"), Guiilaume de Tonquedec ("Cena tra amici") ed Emir Kusturica, con un divertente cameo della grandissima Isabelle Huppert.
Rimane un po’ di invidia verso i francesi, che possono permettersi di snobbare un film del genere che in Italia sarebbe probabilmente diventato il capolavoro dell’anno.
La frase:
"Benvenuti nella famiglia Malaussène. I padri restano poco, mentre le rotture ci sono sempre".
a cura di Luca Renucci
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