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Il palazzo del ViceréLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Redazione FilmUp.com10 ottobre 2017Voto: 7.0
"La storia è scritta dai vincitori". Sono queste le parole con cui la regista Gurinder Chadha ha deciso di aprire il suo ultimo lavoro, “Il palazzo del Viceré”, un film storico e drammatico ambientato nell’India del 1947, nel momento in cui la nazione concretizza l’indipendenza dalla corona inglese, che ha governato per secoli su questa terra remota, ricca di fascino, ma anche di contraddizioni e contrasti.
“Il palazzo del Viceré” segue le vicende dell’ultimo Viceré in India, Lord Mountbatten, arrivato insieme alla sua famiglia, la moglie Edwina e la figlia Pamela, per portare il paese alla tanto agognata indipendenza. Un’indipendenza che sin da subito non si profila né facile né tantomeno pacifica a causa dei contrasti profondi tra induisti, mussulmani e sikh. Contrasti che Mountbatten cercò in principio di appianare, ma a cui alla fine, come la storia ci racconta, si arrese portando avanti la “divisione”, la cosiddetta "Partition", del paese tra India e Pakistan, quest’ultimo a maggioranza mussulmana. Un processo che ha portato con sé morte, dolore e ha prodotto il più grande esodo della storia. Insieme al racconto politico della vicenda si snoda anche una storia d’amore tra due dipendenti del palazzo: la bella Aalia Noor, di fede mussulmana, e il giovane Jeet Kumar, induista. Un amore, il loro, che doveva affrontare non solo il fatto che lei era promessa a un altro, ma anche il fatto che il loro paese si stava sgretolando e dividendo e i due giovani appartenevano a fazioni contrapposte. La pellicola diretta da Chadha è un riuscito dramma storico, moderato nei toni e scevro da qualsiasi volontà di dare un giudizio sulla vicenda. Sembra che invece ci voglia solamente mostrare come siano andati i fatti, come si sia svolto un evento storico epocale, raccontando anche i retroscena della storia ufficiale. Per fare questo Chadha si è avvalsa di una buona sceneggiatura che è riuscita a sostenere in maniera convincente la contemporaneità di più racconti e a dare un’idea assolutamente chiara del susseguirsi degli avvenimenti. La regista de “Il palazzo del Viceré” ha anche il pregio di aver costruito in maniera efficace i personaggi portati in scena, sicuramente supportata altresì dalla buona prova degli attori, mai sopra le righe e dalla recitazione composta, ma in grado di esprimere una vastità di emozioni anche con il solo sguardo. Questo vale soprattutto per la famiglia Mountbatten, il cui capostipite alla fine era solamente una pedina inconsapevole di un accordo politico avvenuto anni prima. Nonostante ciò ognuno di loro si adoperò veramente per l’India e i suoi abitanti, non abbandonando il paese nemmeno quando il loro compito ufficiale era finito. Pregevole anche la fotografia e le scelte registiche che spesso hanno giocato sui contrasti, dalla sontuosità del palazzo alla disperazione dei profughi nelle strade, il tutto arricchito in alcuni casi anche dall’utilizzo di filmati originali dell’epoca. In conclusione “Il palazzo del Viceré” è un piacevole film storico, ben strutturato che ci racconta le ultime fasi della svolta epocale avvenuta in India, dopo secoli finalmente libera dal dominio Britannico. Ma alla fine chi sono i veri vincitori? Gli induisti e i sikh rimasti in India? I mussulmani che hanno dato vita al Pakistan? O gli inglesi? La frase dal film:
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