Il mondo fino in fondo
Davide (Filippo Scicchitano) e Loris (Luca Marinetti) sono due fratelli che vivono in un paesino del Nord Italia e lavorano per l'azienda di famiglia. Loris ha quasi trent'anni e sembra dedicare ogni energia al lavoro e all'Inter, la squadra del cuore; Davide, più giovane, è omosessuale ma nessuno lo sa e la vita di provincia sembra andargli stretta. Coglie improvvisamente la palla al balzo e su due piedi parte per la Patagonia cilena, con un amico conosciuto per caso; il fratello andrà a cercarlo. Per entrambi sarà l'occasione di entrare in contatto con nuove realtà, ma in modo diverso.
L'opera prima di Alessandro Lunardelli, già passata per Alice nella città al Festival del Cinema di Roma 2013, affronta il tema del viaggio con modalità diverse, almeno le principali identificabili con le figure dei due fratelli: da un lato Davide, in un viaggio come modo d'evasione, come risposta all'impossibilità di realizzarsi nella terra d'origine e alla frustrazione per non riuscire a confessare i propri segreti, in questo caso l'orientamento sessuale. Dall'altra quello di Loris, un viaggio diverso, di chi deve rincorrere e cercare, di chi non vorrebbe ma si ritrova coinvolto; un'esperienza che parte da presupposti diversi ed entra in contatto con realtà diverse, ma che è anche in grado di generare considerazioni e conseguenze differenti, forse anche più forti. In aggiunta c'è il viaggio nel viaggio, quello che si compie una volta arrivati, verso altri punti della Patagonia cilena e che si concretizza su modelli consolidati seguendo uno schema che ha un inizio, delle tappe intermedie e un obiettivo finale. Tutto ciò che sta nel mezzo, arricchisce e racconta storie.
Ma di viaggi i protagonisti ne incontrano molti altri, che non appartengono direttamente a loro, ma sono propri di tutte le figure secondarie presenti nel film. E ciascuno ha origini diverse e viene portato avanti per un motivo diverso, in un incontro di storie che potrebbe durare all'infinito.
Uno dei tratti più interessanti del film, è quello che vede l'indole dei protagonisti mutare proporzionalmente con l'addentrarsi nel territorio cileno: maggiore è il numero di chilometri percorsi verso il cuore del Cile, maggiore è l'evoluzione e il cambiamento dei personaggi. Per questo quando chiediamo al regista se avesse mai pensato di girare in sequenza (seguendo cioè l'ordine cronologico della sceneggiatura) ci svela che era una sua idea, ma chiaramente avrebbe richiesto costi di produzione molto elevati. Questo “accompagnarsi” geografico – caratteriale dei protagonisti sembra partire con il piglio giusto, ma perde la sua essenza strada facendo, sbriciolandosi e non compiendosi del tutto, in un discorso che forse esaurisce le idee prima del previsto.
Il mondo fino in fondo, con un titolo che già da solo lascia spazio a più interpretazioni, è un'interessante opera prima, diversa dal solito, che cavalca l'onda degli avvenimenti cronachistici (triplete dell'Inter, conferenza sul clima a Copenaghen, ribellioni studentesche in Cile) in cui viene girata, ma che potrebbe concettualmente andar bene per altri periodi, cambiando lo sfondo. Si perde in una definizione dei personaggi che non sempre sembra conservare il suo evolversi ed il suo mutare, ma racconta una, anzi più storie.
La frase:
Davide: "Secondo me le storie dovrebbero iniziare in un altro modo...senza far male a nessuno".
a cura di Matteo Colibazzi
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