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Il mistero di Lovecraft - Road to L.
Insieme a Edgar Allan Poe e Stephen King, Howard Philips Lovecraft è sicuramente lo scrittore di genere horror da cui il cinema ha più volte attinto; basterebbe pensare a opere come From beyond-Terrore dall'ignoto (1986) o Dagon-La mutazione del male (2001), per non parlare di quel maxi-cult dello splatter intitolato Re-animator (1985).
Ma la figura del solitario di Providence è stata anche al centro del breve documentario H.P. Lovecraft-Ipotesi di un viaggio in Italia, realizzato nel 2004 dal critico cinematografico Federico Greco, il quale si occupa ora, affiancato dal giornalista Roberto Leggio, de Il mistero di Lovecraft, girato in digitale e prodotto dalla Digital Desk e dalla Minerva Pictures.
Accanto a Roberto Purvis, l'esordiente Simonetta Solder, Fausto Sciarappa ed il direttore della fotografia Fabrizio La Palombara, troviamo come interpreti della pellicola proprio gli stessi Greco e Leggio, all'interno di una vicenda in cui s'ipotizza che, nel lontano 1926, l'autore de La maschera di Innsmouth abbia effettuato un misterioso viaggio nel Polesine, entrando in contatto diretto con creature soprannaturali, le quali, in maniera fondamentale, potrebbero averlo ispirato. Un'idea molto originale, quindi, ed a suo modo particolarmente inquietante, ideale per raccontare, attraverso la voce narrante di Robert Englund (ovviamente nella versione per l'estero), la vicenda di una piccola troupe che, ottanta anni dopo, cerca di ricostruire le motivazioni che portarono lo scrittore ai confini dell'Italia. Ma Il mistero di Lovecraft non prende la strada dell'opera di fiction, bensì quella realistica del documentario, tanto più che i due autori affermano che tutto ciò che vediamo sullo schermo è assoluta verità. Purtroppo, però, a causa probabilmente di quei pochi momenti di finzione inseriti con l'obiettivo di far salire la tensione, il film di Greco e Leggio rischia di apparire agli occhi dello spettatore come una sorta di rifacimento all'italiana di quel grande bluff su celluloide intitolato The Blair witch project-Il mistero della strega di Blair (2000), il quale ha finito per trasformarsi in cult-movie spacciando per autentici i fasulli residui visivi di una tragedia inventata. Ma la grande pecca del lungometraggio è riconoscibile soprattutto nel fatto che, nel tentativo di rimanere nell'ambito della messa in scena documentaristica, i due registi preferiscono proporci quelle situazioni horror senza ricorrere all'"artificioso" uso di montaggio, fotografia e colonna sonora, i quali sono comunque fondamentali, nel genere in questione, per poter suscitare nello spettatore il sentimento della paura, ancor prima dell'effetto speciale.
La frase: "Si conosceva il fatto che non era mai uscito dagli States… finora".
Francesco Lomuscio
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