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Il canto delle spose
La guerra esporta anche nelle periferie del conflitto il suo carico d'odio divisorio. Al secondo lungometraggio di finzione, la sceneggiatrice e regista Karin Albou applica le conseguenze della tragedia generale su una di quelle amicizie femminili nate nell'infanzia, "caratterizzate – sostiene Albou - da un desiderio incosciente, un amore esclusivo, un bisogno pressante d'identificazione". Un tipo di vincolo che incarna inoltre il complesso rapporto ebrei-musulmani e, nella gravità del frangente, le rispettive zone d'ombra (da una parte il nazionalismo arabo pro nazista, dall'altra la comunità ebraica che, per tutelare la propria "elite", decide di consegnare ai carnefici i membri più poveri). Con relative, laceranti contraddizioni: l'ebrea Myriam ha insegnato a Nour a leggere l'arabo, mentre quest'ultima crede poi alla colpevolizzazione degli ebrei - dallo stile di vita più libero, d'influenza europea - rispetto all'accesso a scuola, lavoro, ricchezza, fino alla responsabilità sullo scatenamento della guerra; approcciando però il Corano in maniera più estesa vede che, a seconda delle parti che se ne scelgono, il testo offre opposte indicazioni sull'intolleranza.
La Storia scorre all'esterno, con propaganda antiebraica e promesse di indipendenza, interdizione dalle professioni, multe etnico-confessionali, bombardamenti, razzie, rastrellamenti che coinvolgono pure gli hammam femminili, deportazioni per lavori forzati, mentre ne "Il Canto delle spose" tutto avviene tra le mura domestiche, luogo cardine della segregazione della donna. Si dà centralità al corpo femminile (con un'elegante esposizione di nudi insolita per un film girato in un paese a maggioranza araba, e per di più diretto da una donna) come oggetto da preparare funzionalmente al desiderio maschile, in una società in cui è l'uomo a decidere, in questo caso grazie anche ai soldi o al carisma. Nella scena della depilazione pubica, vissuta insieme dalle due amiche, si tocca così il momento di passaggio e commiato arrivando alla scoperta dell'altro sesso, ma non del piacere.
La frase: "Niente lavoro, niente matrimonio".
Federico Raponi
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