Il cane e il suo generale
Il cane e il suo generale, presentato nella sezione "Eventi speciali" della 60ª Mostra del Cinema di Venezia, narra la vicenda di un vecchio generale russo in pensione che, con l'aiuto di un simpatico cagnolino randagio, cerca di riscattarsi delle sue colpe passate tentando un'ultima, straordinaria impresa: regalare la libertà a tutti gli uccelli in gabbia di San Pietroburgo.
Il film d'animazione della Solaris, diretto dal francese Francis Nielsen e basato sui disegni del russo Sergej Barkhin, è nato due anni fa dal soggetto dell'italianissimo Tonino Guerra, sceneggiatore di classici come Deserto Rosso di Antonioni e Amarcord di Fellini. La sceneggiatura (inizialmente un libro -illustrato- di una trentina di pagine) è stata ricavata dalla rivisitazione di un aneddoto che, anni prima, uno studioso di storia russa aveva raccontato allo stesso Guerra; parallelamente, è stato portato avanti il lavoro di story-board dal disegnatore e dal regista così da poter avere, dopo l'elaborazione di un animatic (operazione che consiste nel montare brevi commenti audio sulla story-board filmata), una prima idea del risultato finale.
Di primo impatto un risultato non tanto entusiasmante, a dire il vero: l'opera di Nielsen appare semplicistica, povera di dialoghi e di ritmo, poco originale nei contenuti e banalmente moralistica nel messaggio finale, laddove si ricorda l'importanza di valori quali la purezza d'animo, la solidarietà e (soprattutto) la libertà.
Ma Il cane e il suo generale è anche un film d'animazione decisamente controcorrente, e per certi versi innovativo: nell'era in cui la maggiore preoccupazione dei disegnatori sembra essere quella di raggiungere una realismo ai limiti della perfezione (magari ricorrendo sempre più spesso alle meraviglie della tecnologia digitale), lo staff di Nielsen fa apparentemente dei passi indietro, tanto nella tecnica di realizzazione del film quanto nello stile dell'animazione. Quasi a voler rispettare il modo di immaginare dei bambini, insomma, in questo cartone animato non si tiene particolarmente conto della prospettiva o delle proporzioni, né ci si propone di rappresentare cose e persone in modo effettivamente realistico ma, al contrario, è come se i personaggi fluttuassero, gli oggetti riprodotti non avessero la terza dimensione e l'aria che si respira fosse semplicemente quella di una fiaba. Infine, il tratto vagamente "granuloso" e poco definito dei disegni e le tenui tonalità pastello contribuiscono a rendere tutto ancora meno perfetto, ma sicuramente più poetico.
Menzione a parte merita, poi, la colonna sonora: le melodie calde dell'orchestra, interamente composte da Andrea Guerra (figlio di Tonino e autore delle musiche degli ultimi film di Ozpetek, Bertolucci e Marra) accompagnano tutto il film con le loro sonorità soffici e "profumate" e si amalgamano con efficacia ai tanti suoni realistici che costellano la pellicola. Proprio grazie a questa sua ultima colonna sonora, Guerra ha ricevuto a Venezia il premio CAM/Rota per la musica "per la sua straordinaria capacità nel comporre musica per il cinema, conciliando nelle sue orchestrazioni una profonda ricerca stilistica ad un raffinato stile personale e originale".

Laura Spina

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