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I Croods











Gli ultimi film Dreamworks sembrano esprimere il desiderio di un rinnovamento: il peso e lo spazio conferito a quelle che sono sempre state le caratteristiche tipiche dei loro prodotti, ovvero un’azione sostenuta e continue gag spesso concepite per mascherare una struttura narrativa debole, in lavori come il bellissimo "Dragon Trainer" e ne "Le 5 leggende" vengono ridimensionati in favore di una rivalutazione del personaggio e della necessità di una sua caratterizzazione, e, soprattutto, di uno spostamento d’attenzione dalla comicità fine a sé stessa a racconti più stratificati, caratterizzati da frequenti variazioni di tono e atmosfera. Una crescente consapevolezza, insomma, dell’importanza che ha il "carattere" nello stabilire un contatto empatico con il pubblico e raccontare una storia che possa funzionare su più livelli.
Partendo da queste premesse, "The Croods" sembra proseguire in maniera coerente quest’evoluzione e anzi rappresentarne un ulteriore passo in avanti. La storia di una famiglia di cavernicoli che entra a contatto con un mondo in continuo mutamento e con l’idea stessa di progresso, ci viene raccontata come un piccolo affresco corale, in cui ogni personaggio ha un suo peso e caratterizza in un modo o in un altro il gruppo famigliare. In particolare, il rapporto padre-figlia si pone con prepotenza al centro della scena, grazie ad una scrittura che evita di cadere nella tipizzazione e offre momenti di sincera partecipazione emotiva. E’ soddisfacente poter dire che sono la freschezza e la autenticità il punto di forza del film, la capacità di far scaturire un’emozione accennando piuttosto che descrivendo e riuscendo così a valorizzare piccoli frammenti di intimità che in un contesto caratterizzato dal dinamismo e dalla fluidità dell’azione risaltano con forza.
E’ molto interessante, infatti, l’importanza che il movimento assume all’interno del film: le corse instancabili, il furore degli animali predatori, le scimmie, il volteggio degli uccelli e il vibrare del fuoco stesso sembrano tutti concepiti come danze, un insieme armonico di elementi che si alternano, si concatenano l’un l’altro e, per una volta, non fungono solo da mero pretesto allo svilupparsi dell’azione ma hanno un legame profondo con i personaggi e il contesto che raccontano. A un certo punto ci si sente avvolti da un turbine di colori, movimenti e rumori che vengono orchestrati in maniera ineccepibile e avvicinano emotivamente lo spettatore ai personaggi, riuscendo ad instaurare un rapporto di empatia che la Dreamworks sembrava aver raggiunto soltanto con "Dragon Trainer".

La frase:
"Never not being afraid!".

a cura di Stefano La Rosa

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