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Ho cercato il tuo nome











Caso o Fato, eterna diatriba. Dall'omonimo romanzo di Nicholas Sparks, il titolo originale del film - "the Lucky one" - opta per la Fortuna, anche se la frase finale sentenzia che “ognuno ha un destino”, come il corso d'acqua su cui naviga la nuova famiglia costituitasi. Gli eventi determinanti cui si fa riferimento sono la morte e l'amore: la prima gira intorno al protagonista, colpendo vicino a lui in più di un'occasione per poi lasciare posto al secondo.

Un dettaglio può cambiare tutto l'insieme e così, all'inizio, tra le macerie dell'Iraq in guerra una fotografia raccolta a terra salva un "marine" in azione. Il quale torna poi a casa sconvolto, e da scampato non sa più quale sia il proprio posto. Per conoscere l'angelo custode che è sicuro lo abbia protetto (“la vita è la ricerca di una luce”, sostiene la voce fuori campo) intraprende allora un lungo viaggio a piedi dal Colorado in Lousiana col suo pastore tedesco al fianco e uno zaino sulle spalle, avendo un faro, che compare sull'istantanea in questione, come unico riferimento.
L'incontro tra il reduce e una giovane madre separata da un marito violento, che vuole loro figlio per sè, già fornisce tutti i dati per capire quel che succederà. Egli arriva a conoscere la ragazza senza rivelarle il perchè, ma seguendo piuttosto l'evolversi delle vicende, e il regista Scott Hicks - che ricordiamo per "Shine" - sviluppa questo elemento narrativo insieme agli effetti del trauma (a causa di quel conflitto estero, entrambi hanno subìto dei lutti cruciali, lui perdendo il migliore amico, lei – già orfana - l'unico fratello).
Dalle cartoline della Natura vicino New Orleans e dal placido clima sudista che emotivamente si respira intuiamo che "Ho cercato il tuo nome" non finirà male, e uno dei suoi pochi elementi d'interesse sta nel ragionamento sul conflitto di scelte e subalternità tra maternità e coppia ("sacrificare la propria vita in nome di un figlio non è altruismo, è un'assurdità").

La frase:
- "Come hai fatto a mandarlo via?"
- "Gli ho dato il lavoro".

a cura di Federico Raponi

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