Hellboy II: The Golden Army
Dopo quattro anni dalla prima apparizione sul grande schermo, torna il diavolo buono dalla mano di pietra appassionato di televisione e gattini. Raccolto da bambino da un’immaginaria agenzia statunitense, l’Ufficio di ricerca e difesa dal paranormale, Hellboy ha sempre operato in incognito e per la difesa dell’umanità.

Arrivato al secondo episodio (prodotto non più dalla Columbia Pictures ma dall Universal), ormai Hellboy non ha più il peccato originale del primo episodio, con l’annoso problema della spiegazione delle origini, ma si può immergere nell’azione fin dall’inizio. Ed in effetti sin dalle prime battute siamo immersi in un mondo magico e incantato che confina in modo invisibile con la realtà banale degli esseri umani; veniamo a conoscenza di una guerra combattuta all’alba dei tempi tra uomo e creature magiche e della tregua che è scaturita da questo scontro distruttivo. Il tutto attraverso l’immaginazione di un piccolo Hellboy, che rielabora gli eventi del passato come una sorta di teatro di marionette. Solo fiabe? Per usare le parole che il padre adottivo rivolge alla piccola creatura semi-infernale: "penso proprio che lo scoprirai".

Mike Mignola (sceneggiatore del film assieme a Guillermo Del Toro) in questo capitolo riprende uno dei motivi che sono alla base della sua ispirazione, il folklore europeo (le fiabe in particolare), adattato però al mondo contemporaneo e mescolato a una serie di elementi che sono parte integrante della cultura pop odierna. Il principe degli elfi, ad esempio, può ricordare dal punto di vista estetico, Elric di Melniboné, il principe albino di Micheal Moorcock. La cosa non sorprende visto l’interesse di Mignola per il fantasy (indimenticabile il suo ciclo tratto dai racconti di Fafhrd e del Gray Mouser). Del resto Hellboy 2 ha la fortissima impronta visiva del suo autore, le atmosfere, le creature fantastiche, gli scenari sontuosi e le tecnologie deliziosamente steam-punk danno al film un sapore unico, che potrà soddisfare i palati fantasy anche più esigenti.

Hellboy per il resto offre un buon equilibrio tra scene d’azione (finalmente girate ed esposte in maniera chiara e pulita) e piani di riflessione, per così dire, più profondi. In effetti come alla base della fantascienza moderna c’è la definizione e la rottura dei confini di ciò che viene ritenuto umano, in questo film c’è la netta separazione tra uomo e creatura non umana. In fondo esiste un’invisibile solidarietà tra i diversi, i mostri, gli appartenenti a razze destinate alla scomparsa, e attraverso gli occhi dell’inumano, noi, i padroni del mondo, risultiamo sempre più burocrati, insensibili e inconsapevomente distruttori di ordini più antichi che non siamo in grado di comprendere. E loro, i mostri, sono sempre più soli. Ad alleggerire la situazione, l’introduzione di un classico del fumetto: Johann Krauss, lo spirito di un medium imprigionato in una tuta speciale di contenimento.

La frase: "Questo era un sigaro cubano... ora mi hai fatto arrabbiare".

Mauro Corso

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