Grindhouse - Planet Terror
E’ inutile soffermarsi nuovamente a raccontare tutte le motivazioni che hanno portato alla scissione di “Grindhouse”, confezionato dall’accoppiata Quentin Tarantino-Robert Rodriguez con l’intenzione di omaggiare l’omonima categoria di film che negli Anni Settanta venivano proiettati uno dopo l’altro in sale cinematografiche americane ormai decrepite, in due distinti lungometraggi: “Grindhouse-A prova di morte” e, appunto, “Grindhouse-Planet terror”, che del paio è quello che porta la firma dell’autore di “Dal tramonto all’alba” (1996) e “Sin city” (2005).
Quindi, cominciamo di nuovo con audio gracchiante, pellicola graffiata e salti di fotogrammi, mentre assistiamo subito ad un esilarante tripudio di violente immagini-parodia della più bassa produzione exploitation a stelle e strisce, tirando in ballo, accanto a Danny Trejo (“Con air”) e Cheech Marin (“C’era una volta in Messico”), abituali frequentatori dei set rodrigueziani, il redivivo Jeff Fahey (“Il tagliaerbe”).
In realtà, però, si tratta soltanto della presentazione di “Machete” (pellicola che Rodriguez sta veramente realizzando direttamente per il mercato dei dvd), la quale, nell’edizione originale che vedeva accorpati “Planet terror” e “A prova di morte”, andava ad affiancare altri tre fake trailer diretti da Edgar Wright (“Hot fuzz”), Eli Roth (“Hostel”) e Rob Zombie (“La casa del diavolo”).
E, quando il film vero e proprio prende l’avvio, nei panni del proprietario di un locale di barbecue texano troviamo proprio un sorprendente Fahey, mentre un dialogo riguardante l’attore Chris Rock ci rende subito consapevoli del fatto che, nonostante le immagini sembrino uscite direttamente dal decennio della disco music e degli “zatteroni” ai piedi, complice anche un particolare e ridicolo uso dello zoom tipico dell’epoca, l’azione si svolge nel XXI secolo.
Un XXI secolo popolato di aggressivi infetti zombeschi generati da un misterioso gas militare contro cui combattono, tra gli altri, la coppia di medici formata da William e Dakota Block, rispettivamente con le fattezze di Josh Brolin (“I Goonies”) e Marley Shelton (“Pleasantville”), e Cherry, ballerina che lavora in un locale notturno, interpretata da Rose McGowan (“Scream”) e supportata da Wray, nei cui panni troviamo Freddy Rodriguez (“Havoc-Fuori controllo”).
Una serie di nomi che, insieme a Bruce Willis (“Pulp fiction”), lo stesso Quentin Tarantino e Michael Parks (“La Bibbia”), il quale torna a ricoprire il ruolo dello sceriffo Earl McGraw dei citati “Dal tramonto all’alba” e “Grindhouse-A prova di morte”, vanno ad impolpare il cast di quello che, agli occhi dello spettatore comune, potrebbe apparire semplicemente nelle vesti di un delirio ultrasplatter scandito da un ritmo notevole ed abbondantemente infarcito d’ironia trash ed ottimi effetti speciali.
Non a quelli dell’appassionato di cinema a 360 gradi, però, dotato di un’impostazione filmografico-culturale che non solo gli fa riconoscere la nostalgica presenza di Tom Savini (effettista di “Zombi” e “Creepshow”) negli eccezionali panni di attore e del Carlos Gallardo che il regista lanciò con “El mariachi” (1992), ma gli permette perfino d’individuare nelle ridicole espressioni sfoggiate dal veterano Michael Biehn (lo ricordate protagonista di “Terminator” e “Aliens-Scontro finale”?) l’evidente e divertente intento di sbeffeggiare i duri poliziotti che si prendono grottescamente sul serio all’interno di una certa tipologia di spettacolo su celluloide.
Una tipologia di spettacolo che qui, ancor prima che nella tetralogia romeriana dei morti viventi, sembra trovare i suoi referenti principali negli zombie-movie tricolori partoriti nel periodo a cavallo tra gli Anni Settanta e Ottanta (soprattutto “Incubo sulla città contaminata” di Umberto Lenzi) e che, tra trovate degne dei fumetti (basta citare la già mitica figura di Cherry fornita di gamba-arma, presente anche sulla locandina), logica quasi inesistente ed assenza di personaggi del tutto positivi, finisce per confermare le lodevoli capacità dell’artefice della serie “Spy kids” di trattare il genere, tanto da confezionare con “Planet terror” quello che con ogni probabilità è a tutt’oggi il suo capolavoro e da dimostrare perfino di essere stato in grado di superare il suo maestro Quentin.

La frase:
- "Dove sono i cadaveri?"
- "E’ quello che volevo farle vedere: se ne sono andati".

Francesco Lomuscio

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