Grido
Sentendolo per strada mentre passeggiamo, o a casa mentre in cucina prendiamo un the, il pensiero dell'uomo comune va subito a qualche fatto tragico. Sarà che La signora in giallo ha cresciuto ormai un paio di generazioni, ma che quando uno gridi non tutto vada bene ci pare normale. Eppure certe volte un grido può essere di liberazione. Un urlo di quelli che ti strappano le corde vocali, che ci ricordino che si ha una forza dentro (seppur solo vocale) e che il mondo non ne possa rimanere indifferente. Pippo Delbono è uno degli autori teatrali più importanti della scena italiana. Il suo "è uno dei pochi casi di teatro della diversità che ha saputo imporsi per qualità intrinseche al teatro più che per la stranezza, fra il pietoso e il circense, dei suoi protagonisti" (A.Vindrola). Quando due anni fa con "Guerra" vinse il David di Donatello come migliore documentario, era chiaro che il suo impegno nel cinema non sarebbe finito lì. Anche perché "Il grido" in verità era cominciato ben prima. Era infatti il 1997 quando Delbono cominciò a pensare a questo lavoro, che in verità era già passato, o sarebbe passato in alcuni dei suoi lavori teatrali, tanto che due di questi si chiamano "Il silenzio" e "L'urlo". Un confronto tra se stesso e l'amico sordomuto Bobò, tanto lui può gridare con la voce, tanto l'altro può trovare nel teatro la propria liberazione. Un film autobiografico, scritto senza sceneggiatura. Delbono opera per associazione di idee ma non per questo il suo film risulta complicato da seguire o altro. Quel che ne esce è sicuramente un film complesso, ma con un tale intensità e potenza da far invidia a tanti altri lavori contemporanei.

La frase: "Squartate me! Squartate me!"

Andrea D'Addio

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