Good Morning, Aman
Blues metropolitano per due anime insonni. Le parole fuori campo in apertura di "Good morning Aman" dicono di precarietà della vita e assenza di desideri in una casuale accoppiata maschile, transgenerazionale, interetnica e popolare accomunata dalla solitudine.
Notevole esordio nel lungometraggio di finzione per Claudio Noce, che co-sceneggia e dirige dopo aver realizzato pubblicità, videoclip, cortometraggi (David di Donatello con "Aria") e documentari. In una capitale caoticamente brulicante e anonima, Noce individua - con sensibilità - irrisolte esistenze d'una marginalità illegale, dalle esperienze e dalla quotidianità molto distanti, ma che sulla base di vicinanze d'inquietudine instaurano un rapporto tra il paterno e l'amicizia. Il giovane somalo-italiano Aman (l'attore non professionista Said Sabrie, al terzo lavoro con il regista) vive in un palazzone periferico, è lavamacchine e piccolo spacciatore di hashish, nottetempo vagabonda. Teodoro (Valerio Mastandrea, anche co-produttore) è un ex pugile che riscuote il pizzo, ha un carattere difficile con trascorsi problematici, da 3 anni non esce di casa e cova una furia autolesionista. Uno aiuta l'altro ad affrontare il passato sentimentale, e questi a sua volta è di stimolo al primo a dare una sterzata alla propria esistenza. Forse andandosene da un paese dove sente di non avere spazio, in una considerazione che rivela oggettive barriere all'integrazione. Dal punto di vista protagonista del ragazzo, il percorso di assunzione di consapevolezza e crescita si muove stilisticamente su un doppio registro tra realismo e pensieri per immagini - distinti da movimenti di macchina, ottiche e fotografia differenti - che si fondono in un sottofinale dal montaggio drammaticamente rocambolesco e allucinato.
La frase: "A casa mi prende sempre il nervoso, devo andare in giro".
Federico Raponi
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