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Go go tales
Dopo “Mary”, controversa e religiosa pellicola del 2005, con “Go go tales” Abel Ferrara torna a circondarsi degli amici storici per realizzare un film claustrofobico e confuso, almeno nelle intenzioni.
Il Paradise è un locale di spogliarelliste tenuto da Ray Ruby, che presenta anche le varie serate e i numeri delle ragazze. Purtroppo però, il locale sta andando male: mesi di affitto arretrato; stipendi da pagare; ragazze che cominciano ad alzare un po’ la cresta; e una generale incapacità nel proporre un servizio accettabile ai clienti, rendono il Paradise un locale a rischio di chiusura.
A Ray rimane una sola possibilità: vincere alla lotteria...
Cast echeggiante per un film che purtroppo non riesce a colpire nel segno. Causa, forse, una effettiva e generale mancanza di idee unita a una sceneggiatura che soffre troppo della scelta di aver voluto improvvisare molte scene.
Abel Ferrara infatti, dirige un divertissement coi toni della commedia nera, ma decide di lasciare troppo spazio agli attori che così, pur dimostrandosi capaci e in parte, si ha la sensazione sfuggano qua e là da una cinepresa che non sa bene cosa seguire.
Il Paradise del film è decisamente lontano dal “New Rose Hotel” del 1998. Qui il luogo stesso diventa protagonista prima degli attori e dei personaggi. Il Paradise è una sorta di Torre Babele chiusa e a rischio di crollo, dove suoni e linguaggi si mescolano e si intersecano cercando, all’interno di esso, una loro precisa identità. Questa si perde però, insieme alle alte intenzioni registiche, nell’inconsistenza narrativa e nei dialoghi veri e propri che accompagnano le scene.
Altra chiave di lettura è il Paradise come metafora del Cinema. Un luogo chiuso, perennemente in disgrazia e in affanno nel trovare una giusta soluzione/collocazione affettiva ed emotiva. Si assiste quindi, in quest’ottica, alla caparbietà di chi vuole perseverare a far vivere un mondo fatto di sogni che come le ballerine del Paradise si possono solo vedere e non toccare.
Infine, l’appoggio di attori amici come Matthew Modine, Willem Defoe e Asia Argento, e la partecipazione di volti noti al cinema e alla televisione italiana (Riccardo Scamarcio, Justine Mattera, e Stefania Rocca), doveva dare lustro a un film tutto realizzato negli studi di Cinecittà a Roma, dopo che il set newyorchese era stato fatto a pezzi per mancanza di fondi. Il risultato invece è sì, una bellissima prova di recitazione da parte di tutto il cast – eccellente anche Bob Hoskins -, ma anche un prodotto registico che purtroppo risulta un poco maldestro e zoppicante.
La frase: "...Che vuol dire non trovi più il biglietto?...".
Diego Altobelli
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