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Gambit - Una Truffa A Regola D'Arte











Michael Hoffman, regista con’esperienza ventennale, prende le redini di questo remake e ne trae un film godibile e vivace. La sceneggiatura sofisticata dei fratelli Cohen incontra la commedia americana leggera e disincantata. Aggiungendo una buona dose di comicità slapstick e un pizzico di intrigo da crime-story, Hoffman riscrive Gambit, un ibrido che però riesce a conquistare una sua specificità drammatica, soddisfacente e divertente al punto giusto, seppure non del tutto convincente. I ruoli sono ritagliati su misura per gli interpreti e i tre protagonisti hanno modo di sfoggiare tutta a loro (ottima) capacità attoriale. Firth è ormai a suo agio nei ruoli di protagonista e, dopo le esperienze "seriose" (così le ha definite lui stesso) come "Il discorso del re", ritorna volentieri a calcare il palco leggero della commedia; ha il merito di comparire in tutte le sequenze del film – tolta qualcuna marginale – e farsi carico del peso della comicità di tutto il film: il suo atteggiamento così "british" è l’arma vincente che convince e produce quello stridore che dà vita alla risata; complice anche “il Maggiore” Tom Courtenay che diventa la spalla comica ideale per questo genere di comicità e l’esuberanza di Cameron Diaz che si scontra con la freddezza del protagonista. L’attrice americana – qui con molte rughe di troppo – si cala nel suo più congeniale ruolo: la ragazza spontanea e ingenua che fa perdere la testa al protagonista e risolve a suo modo tutta la vicenda. Alan Rickman non si impegna neanche toppo per questo ruolo di antagonista furbo e altezzoso; troppo facile per un attore del suo calibro misurarsi con un personaggio così. Porta il suo compito in porto senza sforzi e strappando le risate che il copione gli permette.
La struttura sarebbe fin troppo banale, se non fosse per le iperboli che i fratelli Cohen inseriscono nel plot, che rinvigoriscono una storia già conosciuta e già visitata da molte produzioni degli ultimi tempi. Alcune sequenze hanno il merito di innescare la comicità più vivida e di stupire per l’originalità e la sorpresa: la notte brava di Harry nell’hotel è l’acuto più brillante ed è decisamente da rivedere per ridere di cuore. Il colpo di scena finale produce un ultimo sussulto che strappa il film alla mediocrità di una commedia ovvia, e gli permette una sufficienza che è d’obbligo per un cast così.

La frase:
"La dignità non ha prezzo. Ma se così fosse, quella di Harry varrebbe 11 milioni di sterline".

a cura di Matteo Brufatto

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