Fuga di cervelli
Con ogni probabilità, gli spettatori più attenti saranno anche in grado di individuare la fugace, brevissima apparizione hitchcockiana di Diego Abatantuono all’interno del lungometraggio che segna l’esordio alla regia per il livornese classe 1978 Paolo Ruffini, conosciuto dal pubblico del piccolo schermo per aver condotto, tra l’altro, la trasmissione comica "Colorado", ma che vanta nel proprio curriculum d’attore partecipazioni a pellicole di Carlo Vanzina (“Ex - Amici come prima”), Paolo Virzì (“La prima cosa bella”) e Neri Parenti (“Natale a Miami”).
Del resto, è la Colorado Film, che ha finanziato non pochi titoli con protagonista l’ex “terruncello” della cinematografia nostrana, a produrre questo remake tricolore dello spagnolo “Fuga de cerebros” (2009) di Fernando González Molina, il cui protagonista è il giovane Emilio alias Luca Peracino che, innamorato da quando era piccolo della bellissima Nadia, con le fattezze della Olga Kent di “Vacanze di Natale a Cortina” (2011), si trova a doverla inseguire fino a Oxford, dove si è trasferita grazie alla vittoria di una borsa di studio.
Ed è lo stesso Ruffini a vestire i panni del non vedente Alfredo, che lo affianca nello scatenato viaggio insieme agli amici Franco, intellettuale e gay non dichiarato, Lebowsky, hacker provetto nonché venditore di granite e marijuana, e il paralitico Alonso, malato compulsivo di sesso e di tecniche di difesa personale, rispettivamente con i volti di Frank Matano, Guglielmo Scilla e Andrea Pisani.
Tutti nomi provenienti dall’universo di YouTube e pronti a immergersi – con documenti e diplomi falsi alla mano – nel tempio del sapere per eccellenza, con il più o meno involontario tentativo di portarvi non indifferenti dosi di demenza.
Perché, mentre “Ragazzo inadeguato” di Max Pezzali fa da colonna sonora, non sono peti, rutti e conversazioni riguardanti la necrofilia a risultare assenti nel corso della circa ora e quaranta di visione, volta a ribadire che nessuno può dirsi veramente sfigato se accanto ha degli amici. Una moralina facile facile che fa tanto “La vita è meravigliosa” (1946) di Frank Capra, ma che a poco serve all’interno di un elaborato incapace di strappare risate per quanto vorrebbe apparire scorretto, in fin dei conti è solamente vicino a un insostenibile assemblaggio di insulsi video da piattaforma web di cui sopra che piacciono alle non molto invidiabili generazioni d’inizio terzo millennio... fino agli errori posti durante i titoli di coda.
La frase:
"Dove c’è cultura c’è sempre tanto fumo".
a cura di Francesco Lomuscio
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