Fratelli in erba
Due foglie della stessa pianta. Strade alquanto diverse, medesimo punto d'arrivo per i gemelli monozigoti Kincaid, sebbene uno di loro venga spinto all'appuntamento col Destino suo malgrado, dopo aver deciso inutilmente di lasciarsi tutto alle spalle trasferendosi lontano e cambiando radicalmente vita fino a cancellare addirittura il proprio accento di provincia (nel doppiaggio italiano non è dato verificarlo).
Caratterista e tra l'altro autore teatrale, Tim Blake Nelson ha scritto, co-prodotto, diretto e interpretato "Fratelli in erba" - il cui titolo originale omaggia la più celebre raccolta del poeta Walt Whitman – come compendio della personale concezione dell'esistenza.
Secondo la quale il passato continua ad essere determinante pure se viene rinnegato e la terra d'origine esercita sempre un legame vincolante anche a distanza. Che poi uno sia produttore-spacciatore di Marijuana o professore universitario di filosofia classica, nonostante qualsiasi intenzione e impegno ogni vita è in balia del Caso. In una mistura di commedia (degli equivoci e nera), romanticismo, thriller e tragedia che è dominata comunque da inaspettate e improvvise esplosioni di violenza, dove si fronteggiano contrasti (soprattutto tra spirito apollineo e dionisiaco, oppure, nel rapporto uomo-donna, tra un accademico razionale e trattenuto e una poetessa di campagna che pesca a mani nude) e le persone di rivelano piuttosto differenti dalle apparenze.
Giocando sull'imprevedibilità, anche con fatali elementi di preveggenza (la balestra citata all'inizio che torna nel finale), il film dimostra però freddezza, carenze e squilibri di costrutto. E offrendo pure piccoli camei a Susan Sarandon (ex hippy autorelegatasi anzitempo in una casa di riposo) e Richard Dreyfuss (esponente di punta della comunità ebraica di Tulsa e narcotrafficante) si rende, principalmente, strumento al servizio del doppio ruolo di Edward Norton.
La frase:
- "Dove lo trova il tempo?"
- "Io non ho una vita".
Federico Raponi
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