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Frankenstein











Il nuovo film di Bernard Rose, intitolato “Frankenstein” e con protagonista Xavier Samuel nel ruolo del ‘mostro’, è ambientato nella Los Angeles dei nostri giorni e racconta la nascita, la vita e la fine di Adam. Dopo essere stato artificialmente creato con una stampante 3D e abbandonato a sé stesso dai due scienziati che gli hanno dato la vita, Elizabeth (Carrie-Anne Moss) e Victor Frankenstein, viene aggredito e diventa oggetto di violenza da parte del mondo che lo circonda a causa del suo aspetto terrificante, dovuto a un problema legato alle sue cellule. Infatti, ben presto sul corpo dell’uomo si presentano cancri, polipi e noduli a forma di cavolfiore. Questa creatura, inizialmente perfetta, si troverà presto a dover fare i conti con il lato più oscuro dell’essere umano.
“Frankenstein” è l’adattamento cinematografico - in chiave contemporanea - del romanzo di Mary Shelley. Sicuramente si tratta di una pellicola innovativa, in quanto non guarda solo all’aspetto esteriore, ma anche al lato umano del personaggio, che narra la storia in prima persona creando con lo spettatore una profonda empatia, in grado di commuovere ed emozionare anche i cuori più duri. Nella pellicola emerge anche il tema dell’imbruttimento della società odierna, o meglio dei pregiudizi che le persone hanno verso coloro che sentono diversi da loro, aspetto che - purtroppo - è sempre più evidente in tutto il mondo.
L’aspetto che colpisce maggiormente nel film è il risveglio del ‘mostro’, perché - pur essendo un adulto - non ha idea di chi sia, di come sia finito in quella stanza spoglia e di cosa sia lui stesso. Non ha alcun controllo su di sé e sul proprio corpo, come se fosse un neonato. La creatura non sa di essere stato creato da loro e crede che i due scienziati gli vogliano bene, soprattutto Elizabeth, che lo nutre con un biberon pieno di latte e lo coccola, tanto che Adam inizia a vederla come sua madre e se ne innamora.
Il lungometraggio mette in luce un particolare molto interessante, che è dato dalla totale assenza di coscienza e di capacità di intendere e volere del protagonista, dettato dal suo essere bambino: egli, infatti, ferisce le persone, le uccide, provoca del male ad esse, ma senza rendersene conto, perché tutto ciò che fa è guardare gli altri e ripetere le stesse gesta o difendersi da chi lo provoca e lo tratta come un appestato, nonostante spesso provi un sentimento forte per questi ultimi, come Eddie (Tony Todd - Final destination).
La sceneggiatura è ben scritta, strutturata e segue una determinata logica: ogni personaggio che Adam incontra si sussegue a un altro e, quasi sempre, la scomparsa di quello precedente è legato a un evento negativo, che mette a dura prova il ‘mostro’.
Nel film sono presenti scene piuttosto forti, macabre, cruenti, che rendono bene l’idea del genere horror, sottolineato dai modi con cui la creatura cerca di sopravvivere (ad esempio quello di cibarsi), dall’aspetto fisico e dalla brutalità con cui Adam attacca gli altri per difendersi.
Più che horror, se vogliamo dargli una vera e propria definizione, è da considerarsi uno splatter, non adatto a un pubblico di stomaco debole. Il progetto ha poco a che vedere con quello originale della Shelley, soprattutto per la forza comunicativa con cui ogni scena tiene incollato lo spettatore allo schermo.
La pellicola, accompagnata da una colonna sonora in grado di coinvolgere il pubblico, è a tratti imprevedibile e a tratti banale. Ci sono situazioni, infatti, che sono facili da immaginare prima che accadano, probabilmente perché in cuor nostro sappiamo che ci saremmo comportati allo stesso modo se messi alle strette da qualcuno.
Sappiamo tutti che l’essere umano, quando viene attaccato, sente il bisogno di difendersi e, spesso, ciò porta a conseguenze devastanti. Il film uscirà nelle sale cinematografiche italiane il 18 marzo 2016.

La frase:
"Se non posso ispirare amore, seminerò paura".

a cura di Rosanna Donato

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