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Eva











La fantascienza conserva quel particolare talento di essere la perfetta metafora delle nostre paure e dei nostri dubbi, dalla grande letteratura di Asimov e Bradbury fino al cinema di Lang e Spielberg.
Purtroppo nelle ultime decadi il genere cinematografico è stato contaminato fortemente dalla fame di spettacolo visuale che i kolossal propongono alle nostre avide menti. Avatar è in cima ad una lista cominciata forse prima del (ormai) leggendario Jurassic Park: il genere collima ormai apertamente con qualità visive piuttosto che narrative. Eva ci porta fuori da questo schema: sui primi minuti di visione pesano, infatti, le aspettative spettacolari e visionarie di genere; e... dove sono le astronavi? Dove sono finiti gli innumerevoli oggetti volanti che popolano i moderni sci-fi? Dove si è nascosta quella fotografia patinata e irresistibilmente hi-tech che ci hanno mostrato gli ultimi Star Wars e Trasformers? Da nessuna parte.
Un buon film di fantascienza non necessita di questo. Possiamo nutrire la nostra mente senza ricorrere parossisticamente alle immagini ammaliatrici. La trovata innovativa del (primo) film di Maillo è quella di aver capito in tempo questa falsariga di aspettative e di averla anticipata, in modo originale e geniale: riportandoci indietro nel tempo del cinema mentre il tempo del racconto si snoda in un futuro imprecisato. E così il design della scenografia è intriso del gusto degli anni ’70 e ’80, e crea quello che il regista definisce "retrofuturismo". Insieme all’ "ecofuturismo", concetto che ha incoraggiato gli autori ad ambientare il film in un paesaggio innevato, sono gli elementi che reggono il film. La storia non è di certo nuova per chi mastica un po’di fantascienza, ma ritornare all’essenza del genere grazie a questa spoliazione dei fronzoli del cinema americano è un vero toccasana: il plot scorre veloce, vivido, puro e tocca in profondità, dove solo la narrativa di alta qualità riesce ad arrivare. Una vera sorpresa, che conferma che il cinema contemporaneo spagnolo sta attraversando una fase di rinascita che, speriamo, durerà a lungo.

La frase:
"Cosa vedi quando chiudi gli occhi?".

a cura di Matteo Brufatto

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