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Eragon
Dopo il flop colossale di "Dungeons and Dragons", pellicola fantasy del 2000 ispirata ai giochi di ruolo più famosi al Mondo, Jeremy Irons ci riprova con lo stesso fascinoso genere narrativo: in "Eragon", questa volta, veste i panni del buon mentore Brom che deve istruire il giovane Eragon alle arti mistiche dei Cavalieri dei Draghi. Sul cammino del giovane però si frappone John Malkovich nelle vesti del cattivissimo Re Galbatorix, e il suo braccio destro Durza, Maestro delle Arti Oscure. A Eragon e al suo drago Saphira spetta così il difficile compito di riportare la pace nelle terre di Alagaesia...
Tratta dai best sellers della saga fantasy di Christopher Paolini, che comprende l'omonimo "Eragon" e il seguito "Eldest", la pellicola girata da Stefen Fangmeier, qui al suo primo vero debutto come regista, tenta di imporsi nel panorama natalizio di commedie e cartoni animati con un film che vuole rendere giustizia a uno dei personaggi letterari più apprezzati degli ultimi anni. "Eragon" è un film fantasy dal gusto un pò retrò: in lui non vanno ricercati particolari vezzi originali o innovativi, ma solo l'intenzione di raccontare una nuova mitologia di eroi, molto più simili ai supereroi dei fumetti che ai cavalieri classici delle leggende. Eragon somiglia più ad un Superman con cappa e spada che ad un guerriero fantasy: è capace di vedere oltre la materia solida e a lunghe distanze, ha poteri curativi di varia natura, spara raggi energetici, e ha una simbiosi telepatica con il suo drago, Saphira, lo stesso che gli conferisce i poteri. Inoltre, proprio come i supereroi dei comics americani, si carica del peso del Mondo "suo malgrado", prendendo coscienza di sé lentamente, proprio come un neo-Uomoragno. Ma a parte la natura intima del personaggio principale, in "Eragon" le innovazioni e le idee originali si fermano lì, proponendo una storia che, a ben vedere, non va molto oltre il: "Salviamo la principessa; uccidiamo il cattivo; ripopoliamo il Mondo". Alla pellicola quindi viene a mancare un pò di quella profondità che invece è necessaria al genere fantasy proprio per risultare il più possibile credibile e avvincente. Dal punto di vista registico quindi il film pare muoversi troppo in fretta, con stacchi brevi e solo insinuanti, mai davvero esplicativi sulla trama in corso; in più, pur essendo accademicamente corretta, la regia pare perdersi troppo in carrellate e panoramiche più intente a descrivere i bellissimi paesaggi che a comunicare effettivamente qualcosa allo spettatore. Forgiato male.
Alla guida del drago Saphira, doppiato (senza pathos) da Ilaria D'Amico, troviamo il diciottenne Ed Speelers, al suo debutto davanti una cinepresa. Ragazzino che, pur non avendo un viso propriamente interessante, si dà fare come può e alla fine riesce pure ad affezionare il pubblico generalmente perplesso in sala. La sua interpretazione, lungi dall'essere convincente, lascia comunque ben sperare nel possibile seguito che sarà realizzato presto. Il film infatti non finisce, lasciando un finale molto aperto.
Ridateci Frodo e il suo anello...
Insomma "Eragon" ci prova con dignità e orgoglio ad elevarsi a nuovo paradigma fantasy, lungi dal riuscirci però, il film rimane un tentativo di genere a metà strada tra gli anni Ottanta di "Krull" e gli anni Novanta di "Harry Potter". In assenza di vera profondità narrativa, ad onor del giusto presente nei libri di Paolini, alle terre di Alagaesia rimane la speranza di migliorare il proprio futuro cinematografico. E chissà che ad Eragon non riesca anche questo miracolo...
La frase: "...Preferisco chiedere dopo il perdono, che prima il permesso..."
Diego Altobelli
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