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Enclave

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Rosanna Donato19 ottobre 2016Voto: 7.0
 

  • Foto dal film Enclave
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“Enclave” è il film drammatico serbo di Goran Radovanovic che vede nel cast Filip Subaric, Denis Muric, Nebojša Glogovac, Anica Dobra, Meto Jovanovski e Cun Lajçi. La pellicola racconta la storia di Nenad, un bambino serbo che vive in un villaggio albanese del Kosovo post-bellico: abita in una frazione isolata con il padre e il nonno gravemente malato, a cui il bambino è molto affezionato. Ogni mattina va a scuola su un blindato delle Nazioni Unite, che lo protegge dalle aggressioni, e nella sua aula è solo con la maestra. Gli altri bambini del villaggio sono albanesi e uno di loro, Bashkim, è carico d'odio nei confronti di tutti i serbi. Un giorno, mentre la comunità albanese celebra un matrimonio, il nonno muore e Nenad attraversa le linee nemiche pur di riuscire ad avvisare il prete. Mentre sulle strade del villaggio matrimonio e funerale si incrociano come due universi paralleli incapaci di dialogo, Nenad si trova improvvisamente faccia a faccia con Bashkim: nelle mani dei due bambini la possibilità di riprodurre odio e divisione oppure di dare un piccolo, nuovo corso alla storia.

Presentato al Bergamo Film Meeting 2016, il film di Goran Radovanovic mostra la condizione di Nenad, un bambino serbo che vive in Kovoso e viene discriminato dai suoi coetanei albanesi a causa delle sue origini. Una forma di razzismo che ancora adesso intacca le società più disparate. Il bambino, dal carattere introverso e sensibile, è interpretato da Filip Subaric, che attraverso i lunghi silenzi e i suoi sguardi riesce a tramettere le emozioni più profonde.
L’unica pecca nella sua performance è la freddezza che emana con il corpo e - più intensamente - con gli occhi. Che sia voluto dal regista per sottolineare il suo disagio interiore nel vivere una vita all’insegna della paura? In generale tutti gli attori si sono dimostrati all’altezza del ruolo affidatogli, anche se alcune scene appaiono poco realistiche per il modo in cui sono state affrontate: non tutti sono riusciti ad emozionare il pubblico in quanto poco espressivi, ma - nonostante ciò - la pellicola non perde di valore.

Radovanovic ci pone davanti a un quesito: è possibile una coesistenza tra la comunità serba e quella albanese? Se inizialmente tutto lasciava pensare che un rapporto tra di esse fosse impossibile, man mano che il film volge al termine la situazione pare migliore, lasciando intravedere allo spettatore un barlume di speranza.
L’intenzione del regista, infatti, era proprio quella di realizzare un progetto di carattere pacifista, dove il perdono e l’amore la fanno da padrone. Chi meglio di un bambino avrebbe potuto rendere bene l’idea? Nenad ha osato fare quello che nessuno si sarebbe mai aspettato: cercare un amico nell’altra comunità. Solo guardando la pellicola potrete scoprire come è andata a finire, ma vi possiamo dire che vale la pena vederla. Certamente il ritmo lento e serrato non aiuta, ma d’altronde - parlando di un dramma - non potevamo aspettarci nulla di diverso. Non disperate, perché il progetto presenta anche colpi di scena e spunti di riflessione interessanti.
Tra questi emerge la paura del diverso da noi, quella che molto spesso nasce per mancanza di amore, pregiudizi, o comportamenti sbagliati adottati nei confronti dell’altro (questo vale tra persone, comunità, etc.). La pellicola presenta dialoghi brevi (come vi abbiamo accennato, vi sono molti silenzi), ma ricchi di emozioni, valore e intensità. A colpire è la particolare attenzione di Radovanovic al dettaglio: emerge una profonda caratterizzazione dei personaggi e la volontà di sottolineare l’invidiabile bellezza degli ambienti a dir poco stupefacenti.
Infine, non poteva mancare una colonna sonora perfettamente in linea con l’andamento della narrazione e le emozioni provate dai personaggi principali.
Consigliamo il film ad un pubblico adulto in quanto i temi trattati non sono adatti alla visione dei bambini e alcune scene sono ‘forti' a livello visivo.


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