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Encarnação do Demônio
A distanza di venti anni dalla sua apparizione (in un lungometraggio) ritorna il terribile Zé do Caixao (tradotto sarebbe Zè Cassadamorto), uno dei personaggi cardine della filmografia horror brasiliana. Creato nel 1963 da quel José Mojica Marins che tutt’oggi continua a prenderne le fattezze (tanto che spesso si firma come il suo alter ego) oltre che a dirigere, Zé è un uomo maledetto continuamente spinto dalla voglia di procreare un figlio con la donna perfetta.
L’incessante ricerca si tramuta in una serie di violenze e torture per riuscire ad identificare quale tra le tante rappresentanti del gentil sesso sia quella giusta per lui. Chi si mette sulla sua strada è destinato a vedere (e spesso ingoiare) il proprio sangue, lui non lascia scampo.
Siamo, lo avrete capito, dalle parti del gore (genere peraltro nato proprio nei primi anni ’60): qualsiasi tipo di svisceramento e violenza immaginato da qualcuno della troupe riesce ad essere messo in scena. Quando si parla di perversioni, l’originalità è fondamentale.
Chiaro è che il limite tra orrore e ridicolo, date le premesse, sia sempre dietro l’angolo. L’ironia di tante scene è voluta (si veda il personaggio del frate), così come è palese che, per ragioni di audience, ogni pretesto diventa buono per vedere donne nude (non è un caso che altri film di Marins si titolino: La vergine e il maschio, 24 ore di sesso violento, ect ect). La storia procede così a singhiozzi tra flashback improbabili (con l’utilizzazione di spezzoni dei primi film degli anni ’60), comici personaggi (dal poliziotto sosia di Fidel Castro al gobbo assistente che ricorda l’Igor di Frankenstein jr), tette al vento, richiami trash a qualsiasi elemento minimamente mistico e sventramenti vari. Poco si capisce se non ci si ricorda i film precedenti, anche se non è certo fondamentale "capire". Lo potranno apprezzare giusto i fan del genere e chi da sempre segue le avventure di Zé do Caixao, per gli altri invece non vale la pena nemmeno avvicinarcisi (prevediamo giusto la visione su Fuori Orario)
La frase: "L’immagine è mortale".
Andrea D’Addio
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