El custodio
Ruben è la guardia del corpo di un ministro. Se il ministro sale in macchina ci sale anche lui, se il ministro entra in una stanza lui lo segue, se il ministro decide di passare il fine settimana al mare con la famiglia lui resta al suo fianco. Ma in tutto questo dove sta la vita di Ruben? Quella vita sembra non esistere.
Se c'è una differenza tra la custodia di una cosa, un oggetto, un bene, una merce e la custodia di una persona questa sta nella rinuncia, nella scelta di una forma di coinvolgimento che mette a dura prova la propria indipendenza e, con essa, la propria identità. E' questa la storia narrata da El custodio, la storia del rapporto che si istituisce tra una guardia del corpo e il suo protetto, un politico in questo caso, la cui esistenza potrebbe sempre essere in pericolo. La storia di due vite che per necessità non possono mai dividersi. Il punto di vista è qui incentrato tutto sull'ottica della guardia che osserva dalla distanza le scelte di un altro e non può far altro che seguirle come un'ombra invisibile, come una maledizione. Su questa materia lavora il film, una materia difficile che per essere resa digeribile al grande pubblico aveva in altri tempi (parliamo di "The bodyguard") dovuto passare per le forche caudine di una backstory ai limiti dell'inverosimile. Qui le fantasie da blockbuster non esistono, c'è solo la narrazione di una relazione tra un uomo e il suo lavoro.
Ruben è una sorta di moderno samurai, un uomo dalla morale rigida con un forte senso del dovere, un classico duro da film noir, sicuro di se', solido. Ma al tempo stesso è come una molla che sta per scattare. La sua vita al di fuori del lavoro è talmente dura che forse non vale la pena viverla: una sorella pazza di cui non può curarsi e nessuno con cui condividere il letto. Il lavoro non è ciò che ha causato la solitudine di Ruben ma è il modo in cui Ruben pone un limite ad una solitudine che già gli apparteneva. E la sua stessa moralità alla fine non risulta altro che l'alibi grazie al quale la guardia del corpo ha scelto di non sfuggire alla propria vita. O almeno fino all'ultimo minuto del film..

Michele Alberico

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