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Easy girl
La popolarità è senza dubbio l’argomento principale della maggiore parte delle commedie adolescenziali americane. Come acquisirla, come giudicarla, come non esserne travolti e come fregarsene. Non c’è storia ambientata in un liceo a stelle e strisce che non tratti essenzialmente di questo, tanto che persino un serial televisivo originale e brillante come "Glee" ci basa sopra buona parte dei propri episodi. In "Easy Girl" c’è un’ennesima variazione sul tema.
Pur di liberarsi di un’amica eccessivamente appiccicosa, Olive si inventa di avere passato un weekend di fuoco con un fantomatico ragazzo e di aver perso la verginità. La voce si sparge subito e lei viene subito etichettata come una ragazza abbastanza abbordabile, tanto che persino gli sfigati della scuola le si propongono imploranti. Lei, un po’ per pietà, un po’ per avidità, decide di fingere di essere stata con diversi ragazzi disposti a pagarla pur di mettere in giro la voce e scrostarsi di dosso quell’aurea da loser che li perseguita. Purtroppo le conseguenze, soprattutto per Olive, non sono delle migliori. Va bene passare per una disinibita, ma a tutto c’è un limite...
Un po’ come il dissacrante e forse sottovalutato "Mean Girls", "Easy Girl" cerca di mettere alla berlina un politically correct e un falso perbenismo che spesso aleggia in tante pellicole e storie sull’adolescenza americana. Sesso, ubriacature e tutto il resto: si fa e se ne parla, inutile girarci intorno. Il ritmo è sostenuto, ben tenuto in piedi dalla sempre più lanciata Emma Stone (prossima presenza anche nel nuovo "Spiderman") mentre il resto del cast appare un po’ sprecato (non vale la pena ingaggiare Stanley Tucci, Thomas Haden-Church, Lisa Kudrow e Patricia Clarkson se li si da una battuta ciascuno). Il titolo originale, "Easy A", fa esplicito riferimento alla A che Hester era costretta a ricamare, in quanto "a-dultera", su tutti i suoi vestiti in "La lettera scarlatta", capolavoro della letteratura americana del diciannovesimo secolo di Nathaniel Hawthorne, da allora testo simbolo dell’esagerato puritanesimo americano. Purtroppo questo richiamo si perde nel riadattamento italiano, anche se viene citato durante il film e testimonia la volontà di rendere quel che potrebbe essere una semplice commedia giovanilistica, un lavoro leggermente più ambizioso. Il risultato è raggiunto: "Easy Girl" è un gradevole prodotto che, nonostante la propria confezione da film da cassetta, varrà la pena guardare anche fra qualche anno.
La frase: "Ecco l’unica cosa capace di trionfare sulla religione: il capitalismo".
Andrea D'Addio
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