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Il nemico invisibile - Dovunque tu sia, lui ti troverà











Evan Lake (Nicolas Cage) è un agente veterano della CIA che non ha mai superato il trauma delle torture subite durante una vecchia missione e che scopre, a un passo dalla pensione, di essere affetto da una forma di demenza che a breve ne azzererà le capacità psicomotorie.
Si ritrova quindi ai ferri corti con l'organizzazione a cui ha dedicato tutta la sua vita e che, di fatto considerandolo un peso, ora lo spinge a un allontanamento anticipato.
Quando il suo giovane protetto Milton Schultz (Anton Yelchin) trova le prove che il nemico di una vita di Lake, il jihadista Muhammad Banir, potrebbe essere ancora vivo, l'uomo si ribella, decidendo di imbarcarsi da solo in una pericolosissima missione intercontinentale per eliminarlo.
Immagino che siano davvero in pochi a non conoscere Paul Schrader, no? Parliamo pur sempre dello sceneggiatore di fiducia di Martin Scorsese per film seminali come Taxi Driver, Toro Scatenato e L'ultima tentazione di Cristo e di un regista, magari discontinuo, ma capace di alcuni picchi assoluti tra cui è doveroso citare almeno Hardcore e American Gigolò e, più di recente, il bellissimo Affliction (di fatto l'ultima grande interpretazione di Nick Nolte) e l'ingiustamente sottovalutato Auto Focus.
Solo due anni fa, complice la collaborazione con un genio della letteratura contemporanea come Bret Easton Ellis, Schrader aveva dimostrato con The Canyons - imperfetto capolavoro postmoderno la cui importanza verrà compresa forse solo negli anni a venire - una vitalità artistica e un gusto per la narrativa estrema che neanche gli strali della critica più irreggimentata erano riusciti a scalfire. Forse deluso dalla glaciale accoglienza riservata dal pubblico a quel film, l'autore deve aver pensato di passare a qualcosa di leggermente più commerciale e, sfruttando la stessa paranoia post-11/9 che è alla base del successo di una serie TV come Homeland, di raccontare la storia di un eroe in declino che, in un primo momento, doveva essere diretta addirittura da Nicolas Winding Refn.
Il coinvolgimento, in qualità di protagonista, di Nicolas Cage deve però aver fatto fiutare la fregatura al genietto danese che, a un certo punto infatti, decide di limitarsi a produrre il film lasciando l'onere della regia all'autore dello script.
Destino vuole che le strade di Nicolas Cage e Paul Schrader si fossero in realtà già incrociate nel 1999, anno di uscita di Al di là della vita, ma lì c'era di mezzo Scorsese e le possibilità che il risultato fosse qualcosa di meno che ottimo erano oggettivamente scarse.
Poi leggi in giro e scopri che sia Schrader che lo stesso Cage si sono dissociati dalla versione finale del film che sarà distribuita, a causa di un montaggio realizzato dai produttori senza il benestare né la supervisione del regista, in una dinamica molto simile a quanto già accaduto a Schrader, una decina d'anni fa, in occasione del suo prequel de L'esorcista.
Ora, passi pure per Paul Schrader.
Ma Nicolas Cage è un attore che, ad avere il tempo e il coraggio di scorrerne l'intera filmografia, si scopre aver interpretato alcuni dei film più ridicoli e insopportabilmente brutti della storia del cinema.
Ovvio che venga da chiedersi quanto possa essere brutto questo Il nemico invisibile per essere stato disconosciuto dal protagonista di autentici obbrobri come i due Ghost Rider o Il mandolino del Capitano Corelli.
La risposta è che sì, il film è brutto.
Di sicuro non brutto come può esserlo un brutto film con Nicolas Cage (diciamo uno qualunque di quelli prodotti da Jerry Bruckheimer) ma abbastanza se si considerano i nomi coinvolti.
E' più che altro il frutto del tentativo di prendere uno degli autori più radicali e indipendenti della vecchia Hollywood (basta rivedersi film come Lo spacciatore o Adam Resurrected per capire di cosa si sta parlando) e piegarlo alle logiche del box office di oggi. Il risultato è uno strano ibrido che si apre con uno dei pistolotti retorici più fascisti dai tempi di Paul Verhoeven e in cui a latitare sono sia lo spettacolo puro che l'elemento più autoriale.
Ecco quindi che lo spettatore ha la sfortuna di assistere a una stiracchiatissima ora e mezzo in cui l'anziano eroe con un principio di demenza senile si trascina stanco e demotivato alla ricerca di un' effimera vendetta, in compagnia di un giovane agente che crede talmente tanto in lui da giocarsi la carriera nella CIA e di una spaesata Iréne Jacob che sembra chiedersi per tutto il tempo come sia finita su quel set e che fine abbiano fatto i bei tempi di Louis Malle e Kieslowski.
In mezzo a tutto questo il vuoto pneumatico della tensione. Mai, nemmeno per sbaglio, la pellicola è attraversata da nulla che faccia pensare, anche alla lontana, al concetto di suspense. Poi, più o meno a dieci minuti dalla fine, qualcosa successe. Probabilmente infatti, in seguito all'allontanamento di Paul Schrader dal progetto, si è deciso di aggiungere una folle e incomprensibile sequenza al film in cui il personaggio di Cage, afasico e claudicante fino ad allora, ritrova tutta la forma fisica di The Rock, Con Air e Fuori in 30 secondi (rispetto a quei film cambia solo il colore del toupet), inizia a sparare come se non ci fosse un domani e porta a termine una missione per la quale, fino a pochi minuti prima, sembrava aver perso ogni interesse.
Insomma, l'unica scena action è stata evidentemente girata da un qualsiasi regista di seconda unità e appiccicata in coda a un film che, fino a quel punto, fa della stasi (leggi pure 'della mancanza di scene action') e della riflessione sulla decadenza dell'eroe classico la sua unica ragion d'essere.
Resta da capire che tipo di film era Il nemico invisibile nella testa del suo autore e come sarebbe stato se quest'ultimo lo avesse montato personalmente, anche se regia e grana dei dialoghi lasciano chiaramente intendere come, anche nel migliore dei casi, saremmo stati qui a parlare non dell'assoluto disastro che alla fine si rivela essere, ma senz'altro di uno Schrader minore.

La frase:
"Ci sono due tipi di uomini al mondo: gli uomini d'azione e tutti gli altri".

a cura di Fabio Giusti

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