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Drawing restraint 9
Non c'è nulla di più fastidiosa di un' estetica vuota, di quella cura meticolosa per l'immagine ma senza una minima rielaborazione del livello di significazione.
E' il caso di questo Drawing Restraint N.9, un film talmente brutto che potrebbe avere del geniale.
Un film di un'ambiguità significativa che sicuramente genera interesse e studio ma che rischia di far scappare pubblico e critica dalla sala dopo 20 minuti.
Un'opera dove sinceramente non succede e dove non si capisce nulla (ma forse non c'è nulla che debba succedere e che debba essere capito), probabilmente una provocazione contro il nuovo cinema post-moderno, una sorta di urlo che supera le voci di un De Oliveira o un Von Trier.
Perché altro che dogma o pseudo tali, Drawing Restraint è puro stupro, non dell'immagine ma dello spettatore, che viene sfidato a subire dei veri trip senza connessioni temporali per quasi 3 ore di seguito.
Il regista Matthew Barney farcisce ogni fotogramma di simbologie nascoste, metafore di qualcosa di assolutamente indefinito e che solo l'autore stesso conoscerà (o forse nemmeno lui).
Insomma, parole della protagonista Bjork: "Drawing Restraint è il trionfo della creatività".
Ma così come Barney è capace di creare, è anche capacissimo di distruggere, non solo le immagini, ma anche e soprattutto il sistema nervoso degli spettatori, che come cavie, si sottomettono ad un esperimento sadico sulle emozioni che le immagini vuote sanno (non) trasmettere.
In un certo senso un film Kubrickiano, per una messa in scena e inquadrature plasticamente geometriche, curate in ogni minimo dettaglio spaziale, con la differenza che il Kubrick dava comunque direzioni interpretative e significazioni di sottofondo alle sue scelte registiche ed immaginifiche, mentre in Barney sembrerebbe permanere un vuoto interiore che perciò disintegra ogni scelta della costruzione per immagini.
Forse ci ritorneremo ancora su questo film "caso", forse un giorno lontano capiremo il vero progetto creativo di Drawing Restraint N.9 e Matthew Barney. Forse tutta la critica che era presente all'anteprima veneziana il 1° Settembre 2005 si rimangerà le brutte parole contro quest'opera, cogliendo finalmente la genialità celata.
In quel caso, ci risentiamo tra una decina d'anni. Forse. Per ora continuiamo a rimanere perplessi.
La frase: "Ciao."
Pierre Hombrebueno
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