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La moglie del poliziotto











"La moglie del poliziotto" è la seconda opera dell’acclamato regista tedesco Philip Grӧning, noto a pubblico e critica per il suo film "Il grande silenzio", presentato a Venezia nel 2007 nella sezione "Orizzonti". Con le sue due ore e mezza di totale silenzio e con il suo calarsi completamente nella vita dei monaci di un monastero francese lontano dalla civiltà, la prima pellicola di Grӧning si era rivelata essere il risultato di un modo radicale di fare cinema. E “Die Frau des Polizisten” ne mantiene l’essenzialità della messa in scena, al servizio però di un tema molto diverso: se il primo film contempla la pace di una vita solitaria, il secondo indaga il lento insinuarsi della violenza all’interno della tranquillità familiare. 59 capitoli di lunghezza variabile (da pochi secondi a cinque minuti) distribuiti in quasi tre ore che procedono con un ritmo molto lento, quasi estenuante: pretenzioso? No, necessario. Necessario a dipingere la routine di una famiglia “normale” e la semplicità, la quasi banalità con cui la violenza arriva a insinuarsi in essa.
La vicenda è molto semplice: un ufficiale tedesco e sua moglie sono i genitori di una bambina, e noi assistiamo al lento e inesorabile progredire della gravità degli sfoghi dell’uomo verso la donna, aggredendola prima solo verbalmente e poi anche fisicamente. Col procedere del film sembra instaurarsi, all’interno della dinamica familiare, una sorta di “routine della violenza”. Il regista ci tiene a mostrarne tutti gli aspetti, da quelli più intimi (marito e moglie che fanno l’amore, madre e figlia sulla riva del fiume) a quelli più crudeli (rimane impressa la donna, sporca e coperta di lividi, derisa per il suo cattivo odore). I capitoli dedicati alla vicenda principale sono talvolta inframmezzati da altri che ritraggono una volpe o un anziano, immagini metaforiche che danno l’impressione di trovarsi di fronte a un film criptico, inaccessibile ai più, ma questo non toglie nulla alla forza e alla bellezza dell’opera.
Ottima la scelta dei due protagonisti, che reggono con efficacia il peso di dar vita a due personaggi e alle loro metamorfosi, al capovolgimento del loro rapporto. La regia di Grӧning, privilegiando i silenzi per mettere in risalto la tensione crescente che pervade tutta la storia, è in grado di tenere saldamente insieme tutte le tre ore della pellicola senza eccessi né sbavature, portandoci in un universo fatto di poesia e orrore che si trova in mezzo a noi, con uno sguardo mai giudice che colpisce come un pugno allo stomaco.
Premio Speciale della Giuria a Venezia.

a cura di Luca Renucci

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