I guardiani del giorno
Conosciuti come gli "Altri della luce" e gli "Altri delle tenebre", già furono protagonisti, nel 2004, del film candidato all’Oscar “I guardiani della notte”, diretto dal cazaco Timur Bekmambetov (regista di “The arena”, prodotto dal re dell’horror a basso costo Roger Corman) e tratto da “Night Watch”, primo tassello della nota trilogia letteraria di Sergei Lukyanenko che, costituita anche da “Day Watch” e “Dusk Watch”, ha finito per rappresentare un vero e proprio spartiacque all’interno del panorama letterario russo.
La spettacolare rilettura dell’epica lotta tra bene e male attraverso la rottura della tregua millenaria tra i membri della Guardia Notturna, incaricati di sorvegliare vampiri, streghe e gli altri Esseri dell’Oscurità, e quelli della Guardia Diurna, addetta alla sorveglianza delle Forze della Luce, ottenne non pochi consensi, tanto da rappresentare un autentico passo avanti per la produzione cinematografica russa; rivelando però, sotto la invogliante e pirotecnica confezione lussuosa, il maldestro tentativo di riproporre semplicemente lo stile da videoclip dei blockbuster d’intrattenimento a stelle e strisce (con la trilogia “Blade” al primo posto), in maniera ancor più fracassona e terribilmente pretenziosa.
Ed in questa seconda trasposizione su celluloide, operata dallo stesso regista e che, oltre a chiarire alcuni punti rimasti in sospeso nel capostipite, tira in ballo il magico Gesso del Fato, probabile via di salvezza per l’intera umanità, la situazione sembra essere addirittura peggiorata.
Infatti, tra effetti digitali e colonna sonora hard rock sparata al massimo, se decisamente lodevoli risultano le scenografie innevate firmate ancora una volta da Valery Victorov e Mukhtar Mirzakeyev, immerse in una fredda luce solare che, come il titolo lascia intuire, va a sostituire buona parte delle cupe atmosfere notturne al centro del film precedente, sembra che lo script tenti di concedere maggiore spazio allo sviluppo della storia, nonostante le diverse sequenze spettacolari e le assurdità presenti (tra cui un’automobile che sfreccia sulla facciata di un palazzo).
Ma il tentativo di camuffare l’ennesima manifestazione di eccesso di mania estetica su pellicola dietro un complicato e difficilmente comprensibile intreccio, tra i cui ingredienti abbiamo pure uno scambio di corpi che finisce per generare un certo (sotto) testo lesbo, spinge soltanto ad intuire i limiti di un’opera la cui originalità (???) non si riduce altro che all’idea di partenza.
Tanto che il desiderio di giungere al finale comincia ad affliggere lo spettatore già a metà proiezione, nella speranza di assistere poi ad un terzo episodio che sia almeno superiore ai due mediocri precedenti.

La frase:
- "Che cosa studi?"
- "Biologia"
- "Mmm, vuoi imparare come si fa a vivere senza sangue umano?".

Francesco Lomuscio

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