Damsels in Distress - Ragazze allo sbando
Subito dopo titoli di testa, accompagnati da uno slow proto-anni Cinquanta, conosciamo le protagoniste del quarto lungometraggio di Whit Stillman, noto soprattutto per aver diretto nel 1998 "The last days of disco", riguardante, come il titolo stesso suggerisce, gli ultimi giorni della disco music.
Protagoniste che, con le fattezze della Greta Gerwig di "Amici, amanti e..." (2011) e delle televisive Megalyn Echikunwoke e Carrie MacLemore, intendono rivoluzionare la vita di una malinconica università americana aiutando gli studenti gravemente depressi tramite un programma di igiene e spettacoli di danza e includendo nel proprio gruppo anche la nuova arrivata Lily alias Analeigh Tipton.
Quindi, protagoniste che sembrano quasi uscite da un fumetto, impegnate a ribadire che i più banali luoghi comuni sono generalmente veri e che non esiste una logica dell’algebra dell’amore; mentre si trovano a vivere diverse storie romantiche permettendo l’entrata in scena di più o meno grotteschi personaggi maschili quali il mellifluo Charlie, Xavier e Thor, ossessionato dall’arcobaleno, rispettivamente interpretati da Adam Brody, Hugo Becker e Billy Magnussen.
Tutti attori decisamente in parte che, aiutati anche dagli ottimi dialoghi sfornati dalla sceneggiatura a cura del regista stesso, si trovano coinvolti in un frizzante ed originale elaborato ulteriormente impreziosito dalla bella colonna sonora, i cui temi attingono in maniera evidente dallo stile musicale che caratterizzò il decennio 1955-1965.
D’altra parte, complice un momento cantato in omaggio ai musical degli anni Trenta con Fred Astaire (in particolare, "Una magnifica avventura" di George Stevens), quella che inizialmente potrebbe apparire come una parodia del filone giovanilistico scolastico tirando in ballo anche la fede dei catari e un discorso sul legame genetico tra la moralità e il posteriore grande, si rivela essere una commedia volta a ricordare che il mondo, per funzionare a dovere, necessita di una massa di persone normali, non degli individui eccentrici portati per la continua corsa all’unicità.
E lo fa nella stessa maniera del bel cinema americano "leggero" di tanti anni fa, sfornato quando l’essere umano era molto meno cinico e più candido, proprio come le simpatiche eroine di Stillman.
La frase:
"Per noi andare a una festa è più una forma di mano tesa alla gioventù".
a cura di Francesco Lomuscio
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