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Cut





Dopo tre anni il famoso regista iraniano Amir Naderi torna a Venezia aprendo la sezione "Orizzonti" del Festival la sua nuova fatica: "Cut". Il film scritto e diretto da Amir Naderi è co-sceneggiato da Shinji Aoyama e Yuichi Tazawa e registra la consulenza speciale di Kiyoshi Kurosawa. E’ una pellicola originale, un vero e proprio canto d’amore del regista per il cinema, è un poema d’altri tempi, ma con un’ambientazione moderna e originale, decisamente diversa dal solito.
Da ormai vent’anni il regista si è trasferito a New York e da allora è stata questa nuova patria a offrirsi a lui come fertile terreno per i suoi film, ora invece tutto viene spostato in Giappone, in particolare nel mondo della yakuza. Attraverso le scenografie essenziali opera di Toshihiro Isomi e una fotografia nitida e pulita, opera di Kejij Hashimoto, che gioca con il chiaro scuro delle vecchie pizze cinematografiche, tendendo lentamente al rosso e al giallo per accentuare la drammaticità degli eventi, si snoda la vicenda di Shuji un giovane regista che lotta e vive per amore del cinema. La vita del cineasta si divide fra le manifestazioni in piazza gridando la sua rabbia verso il mondo e gli uomini che riducono la Settima Arte ( il Cinema) a mero e semplice intrattenimento, facendolo decadere e corrompendolo, e l’organizzazione di un cineforum sulla terrazza del suo appartamento in cui proietta i grandi classici giapponesi e americani. Il cinema è la sua forza, si potrebbe quasi affermare che sia la sua amante, sua madre, sua sorella e salvarlo è una vera e propria missione, tanto da visitare le tombe dei grandi registi del passato, come Akira Kurosawa, Yasujiro Ozu, Kenji Mizoguchi, per trarne ispirazione e rafforzare la sua determinazione. La sua vita procede lenta scandita da questi elementi finché non viene prelevato da due membri della yakuza che lo conducono davanti al loro capo, che informa Shuji che suo fratello era un allibratore ed è stato ucciso perché aveva contratto un debito che non ha potuto saldare. La notizia è devastante per il giovane cineasta soprattutto quando scopre che il debito è stato contratto per finanziare i suoi film. In colpa per la morte dell’amato fratello e conscio di dover ripagare il debito decide di diventare un vero e proprio “sacco” umano, lasciando che i membri della gang sfoghino su di lui la loro rabbia facendosi pagare un tot a pugno. Giorno dopo giorno il debito viene ridotto e nonostante il volto gonfio e tumefatto e l’addome mal ridotto Shuji prosegue con determinazione il suo obiettivo grazie al pensiero che si stia immolando per il cinema. Naderi crea un vero e proprio martire del cinema, uno spirito puro che è pronto a morire per ciò che ama e crede: il cinema. E’ chiaro che nel protagonista si nasconde in realtà proprio Naderi che con questa pellicola crea un vero poema o inno d’amore visivo per la sua Settima Musa esprimendo anche i suoi giudizi, senza perdere le occasioni per omaggiare i grandi classici cinematografici in maniera esplicita.

La frase:
"Il vero cinema deve essere libero".

a cura di Federica Di Bartolo

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