Crossing Over
Crossing over fa parte di un filone di pellicole che ha raggiunto la propria notorietà con il film di Inarritu "Babel" (2007). Tali film hanno delle caratteristiche comuni e ricorrenti che possono essere elencate in breve. Non hanno un protagonista ben definito, ma sono, per così dire, "corali", ciascun personaggio ha una caratteristica precisa ma non una psicologia profonda. La sceneggiatura di questi lavori è una sorta di partitura a tema, servono a denunciare un problema o una disfunzionalità nei rapporti umani. Le relazioni tra personaggi sono per molti versi speculari, tra le vicende dei protagonisti vi sono motivi ricorrenti oppure delle somiglianze.
Ultimo motivo tipico di quello che potremmo chiamare "filone Babel" è la ritrosia da parte del regista e dello sceneggiatore nel fornire una spiegazione o un'interpretazione. Si suppone che sia lo spettatore al di fuori della sala a dare una propria lettura di quello che ha visto.

Il tema di crossing over è il passaggio da una frontiera ad un'altra, l'immigrazione clandestina e il respingimento alle frontiere, l'accettamento delle regole del paese ospitante e il rapporto con la cultura d'origine. Molti dei personaggi presentati non a caso ruotano intorno all'ICE (U.S. Immigration and Customs Enforcement), l'agenzia governativa statunitense per il controllo delle frontiere e dell'immigrazione clandestina, formata all'indomani dell'undici settembre. I punti di vista sono molteplici: dall'ufficiale dal cuore tenero (Harrison Ford) alla messicana che passa il confine centinaia di volte, dall'australiana ricattata da un ufficiale senza scrupoli fino all'ebreo che riscopre la sua identità perché ha bisogno di lavorare. I personaggi si incontrano a due a due, a volte si sfiorano brevemente (eh già... un'altra caratteristica davvero tipica del "genere") senza toccarsi, e presentano una schematicità dei rapporti davvero elementare. Così l'ufficiale dell'immigrazione corrotto è sposato con l'avvocatessa paladina dei diritti civili degli immigrati, l'ufficiale dell'Ice con la famiglia in fase di naturalizzazione scopre di avere qualcosa in comune con un componente di una gang coreana e una ragazza del Bangladesh scopre sulla propria pelle che nel paese della libertà di parola è meglio non dire certe cose sui jihadisti dell'undici settembre.

Ovviamente in conclusione, in un rapidissimo montaggio, ogni vicenda trova la propria conclusione, di volta in volta drammatica, tragica, semplicemente triste o colma di speranza. Con qualche aspetto che francamente fa sorridere: è davvero ridicolo, ad esempio, pensare che degli ufficiali dell'immigrazione facciano dei serissimi controlli incrociati sull'Internet Movie Database... eppure è proprio quello che accade. Il rapporto dello Stato è peraltro ambivalente: a volte sembra inutilmente crudele, a volte duro ma giusto, a volte pietoso e umano. Del resto, si sa, sono gli uomini a fare la differenza. Da notare una piccola e inutile citazione da "Blade Runner" con la solita videocamera di sorveglianza dalla risoluzione - quella sì - fantascientifica... del resto Harrison Ford sembrava stare lì apposta...

La frase: "Che aspetti? Una proposta di matrimonio?".

Mauro Corso

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