Confusi e felici
Marco Giallini è Nazareno, spacciatore affetto da attacchi di panico, Paola Minaccioni è Vitaliana, invadente ninfomane con una particolare “passione” per i capezzoli, Pietro Sermonti e Caterina Guzzanti sono Enrico e Betta, coppia in crisi sessuale, Rocco Papaleo è Michelangelo, telecronista avvilito per il tradimento della moglie, e lo stesso regista – e co-sceneggiatore insieme ad Edoardo Falcone – Massimiliano Bruno, che torna dietro la macchina da presa dopo “Nessuno mi può giudicare” (2011) e “Viva l’Italia” (2012), è Pasquale, autista d’autobus quarantenne e mammone cronico.
Presentati immediatamente prima dei titoli di testa, hanno in comune il fatto di essere tutti clienti dello stesso psicanalista e, in maniera analoga ai protagonisti del verdoniano “Ma che colpa abbiamo noi” (2003), che si trovavano ad avere a che fare con la sua improvvisa morte, devono vedersela con la depressione che finisce per attanagliarlo a seguito di una molto poco positiva notizia riguardante la propria salute, convocati dalla segretaria Silvia, ovvero Anna Foglietta.
Psicanalista che si chiama Marcello e possiede i connotati di Claudio Bisio, nel corso di oltre un’ora e quaranta di visione che, oltre a coinvolgere in una breve situazione i musicisti Max Gazzè, Niccolò Fabi e Daniele Silvestri, arricchiscono il loro già nutrito cast tirando in ballo il Lallo Circosta di “Tutto molto bello” (2014), il Raffaele Vannoli di “Zora la vampira” e la Kelly Palacios proveniente dalla serie televisiva “Incantesimo”.
Nutrito cast i cui elementi, però, tra grottesche cene, escursioni in locali sexy e tiri con l’arco, non riescono nell’impresa di risultare sempre convincenti; oltretutto sfruttati all’interno di un’operazione decisamente discontinua che, alternata tra momenti divertenti (la sequenza in cui abbiamo Bisio e Giallini a teatro e quella in cui Bruno affronta appuntamenti con diverse donne) e altri che vorrebbero esserlo ma non ci riescono (citiamo soltanto il funerale), risente di uno script unicamente strutturato sulla sequela di sketch e intento, inutilmente, a camuffarsi di un tocco in più tramite la carta del sentimento.
Quindi, con le ultime scene poste durante lo scorrimento dei titoli di coda, qualche risata garantita non rappresenta, comunque, la piena riuscita dell’insieme.
La frase:
"Salve, sono Marcello, ho quarantanove anni, faccio lo psicanalista e sono depresso".
a cura di Francesco Lomuscio
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